Il caso Alpi-Hrovatin compie, tra pochi giorni, il ventennale. La Procura di Roma sta ancora indagando sui moventi e, soprattutto, sui mandanti dell’agguato. Nel 2007 il Gip Emanuele Cersosimo ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dal pm romano Franco Ionta, chiedendo di approfondire i tanti punti ancora oscuri. L’avvocato Domenico D’Amati nel 2010 ha presentato una memoria durante il processo per calunnia nei confronti di «Gelle», testimone portato in Italia nel 1997. Tra i punti evidenziati dal legale della famiglia Alpi c’è il ruolo del servizi d’intelligence, con molti aspetti ancora da chiarire.

Il 21 marzo 1994 – il giorno dopo l’agguato – l’agente Alfredo Tedesco manda da Mogadiscio un messaggio in cui scrive che «la giornalista italiana avrebbe ricevuto minacce di morte anche a Bosaso il giorno 16 u.s.». Parole che poi sono state eliminate nel testo definitivo. Fino ad oggi nessun ufficiale dei servizi è riuscito a spiegare quella correzione.
Per quanto riguarda il Sisde – l’intelligence interna – D’Amati ricorda la deposizione di Mario Mori nel 2002, che non volle indicare da dove provenisse una nota con informazioni giudicate attendibili «secondo cui l’omicidio sarebbe stato perpretato per effetto delle indagini sui traffici illeciti». «Conosco la fonte ma mi avvalgo della facoltà di non rivelarne il nome e l’identità», fu la risposta di Mori quando il procuratore generale nel 2002 gli chiese chi avesse fornito questa informazione al Sisde.