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L’ombra dell’altro

L’ombra dell’altro – Stephen Balkenhol

Un’anticipazione da «Leggendaria» Il desiderio, sempre triangolare, in regime di narciso-liberismo. Luci e ombre nella relazione uomo-donna e le dinamiche intermaschili

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 27 ottobre 2015

L’ultimo fascicolo della rivista Leggendaria «Ciao, maschi» (n. 113/ 2015) sarà discusso in un doppio appuntamento il 27 ottobre:

  • a Milano, alla Casa delle Donne (via Marsala, 8) ore 18 con Silvia Neonato, Andrea Bassi, Stefano Ciccone, Alessio Miceli (coordina Grazia Longoni)
  • a Roma, alla Casa Internazionale della Donne (via della Lungara 19) ore 18, con Anna Maria Crispino, Tommaso Giartosio e Giorgia Serughetti.

«Ciao maschi»: uomini che parlano di sé, delle relazioni tra di loro, dei rapporti con le donne e con il femminile. E con il maschile – maschilità, mascolinità, virilità che dir si voglia.

Uomini che partono da sé, dalla loro sessualità, dal loro immaginario, dalle loro paure, dai loro desideri. Hanno curato il «Tema» Stefano Ciccone e Enzo Palmisciano, con il contributo di Alberto Leiss, Oria Gargano, Sergio Manghi, Barbara Mapelli, Alessio Miceli, Krizia Nardini, Gianluca Ricciato, Mario Simoncini, Luisa Stagi. Hanno dialogato con Stefano Ciccone Cirus Rinadi e Federico Zappino.

Hanno partecipato al forum con Barbara Bonomo Romagnoli Matilde Ciolli, Celeste Costantino, Sveva Magaraggia, Chiara Martucci, Monica Pasquino, Sara Pollice e Silvia Vaccaro.

Anticipiamo (parte di) uno dei contributi

Legg.113-2015  Cover
1. «Solo la donna può far conoscere all’uomo chi essa è – e lo stesso vale per l’uomo nei confronti della donna. Io non ti so, dimmi» (Marie Balmary, Il sacrificio interdetto, Queriniana, 1991). Ma ciò non può darsi se non si affronta anche la relazione uomo-uomo, con relative ombre (e sia consentito rinviare al mio L’altro uomo. Violenza sulle donne e condizione maschile, Pazzini, 2014).

2. Ma anzitutto: non c’è ombra senza luce. E per me, uomo, è un altro uomo a fare la prima differenza: luce su cosa/come desiderare nella donna. Tocca, va da sé, al padre – presente o assente, non è questo il punto primo, per noi creature visionarie: «Assenza, più acuta presenza» (Attilio Bertolucci). Ma altri verranno, tanti e diversi. A indicare senza posa, con la viva direzione del loro sguardo desiderante su altri e sul mondo (con l’esempio, come si dice), nuovi cosa/come desiderare. Luci, con relative ombre.

3. Per il resto dei viventi, il desiderio è una freccia già-pronta a essere scoccata dall’interno verso bersagli esterni definiti. E così vorrebbe che fosse anche per noi l’immaginario narciso-liberista oggi egemone. Ma è menzogna. Germe di «cosificazione» della donna. Di violenza. Al nostro «interno», in origine, c’è un non ancora. Un’impellente mancanza: apertura, vertigine d’infinito. E trasporto, nella vertigine, verso uno sguardo mediatore, contenitivo, cui ispirarsi per dar forma al cosa/come desiderare. Almeno per cominciare, poi si vedrà – altri cominciamenti.

4. Il desiderio, insomma, è triangolare: soggetto/mediatore/cosa. Per qualsiasi cosa. Non a caso la pubblicità ricorre ai testimonial: semplicemente, funziona. E non solo per automobili o cellulari, ma anche per libri e concerti di musica classica. E la sessualità non fa eccezione. Il testimonial, colui che supponiamo sapere i cosa/come che contano, non c’è bisogno di fabbricarlo apposta: ce lo cerchiamo liberamente: esempio, mediatore, mentore. Da seguire-imitare intensamente. Il desiderio è «mimetico» (René Girard). Ipersociale. E appreso: prova ne è che noi creature umane, e solo noi, finiamo per desiderare i cosa/come più diversi, e pure cangianti. I «bersagli», che lo sappiamo o no (e il narciso-liberismo vorrebbe non sapessimo, con schiere di biologi, psicologi, economisti e giornalisti al servizio), vanno formandosi, senza posa, nel vortice di «danze interattive» (Gregory Bateson).

5. La libertà, la capacità di scegliere il desiderio invece che (solo) subirlo, dipende da quanto sappiamo riconoscere il nostro mimetismo. A negarlo, coltiviamo un simulacro egolatrico della libertà. Nella cui ombra si andranno moltiplicando quei germi di violenza che si diceva. In particolare, l’ombra dell’altro uomo, per me uomo, come si diceva. Dell’altro uomo non riconosciuto nella sua presenza-specchio. Il gesto violento di un uomo verso una donna è gravido di queste ombre. Al di là di quel che l’ombra sa offrire di nutriente, meglio precisare: poiché la luce perfetta predicata dai perfezionisti (e dai cognitivisti) è accecante – pura egolatria.

6. Le discussioni intorno alla violenza di genere sono per lo più circoscritte alla dualità uomo-donna. Che rimane beninteso essenziale. Ma non è che un lato di una «danza» simbolica più ampia: soggetto-mentore-donna. Dove i lati sono tre (minimo), interconnessi. E dove il lato intermaschile soggetto-mentore tende per lo più a sfuggirci. Facciamo un esempio: Romeo si fa persuadere dal cugino e amico Benvolio, mentore del gusto circostante, che Giulietta è più bella di Rosalina, della quale si credeva (vanamente) innamorato; e noi, come per magia, ricordiamo soltanto la freccia che scocca dal cuore di Romeo verso Giulietta.

7. La donna che piace è una donna che piace anche ad altri, ma non si ama ammetterlo – è la «menzogna romantica» (Girard). Decidere che sì, sono innamorato, è un tormento sociale: piacerà a Benvolio? Cioè, più in generale, a quegli uomini cui mi piace piacere? E a quelli cui mi piacerebbe, con la mia conquista, dare un dispiacere? E ci sono anche donne, va da sé, a fare da mediatrici, e ci sono i mimetismi donna-donna. Ma qui ho scelto di limitarmi al lato uomo-uomo, e a questo mi atterrò, per dire: il mentore può facilmente esser percepito come un rivale che ostacola l’appagamento del desiderio, e allora…

8. La donna che subisce violenza è (anche) oggetto di contesa intermaschile. Come da bambini si rompe il giocattolo conteso pur di non cederlo, la violenza verso l’altro uomo, mentore-rivale-ostacolo, viene spostata sulla cosa-donna con-desiderata, sospettata di «tradire». Dove l’altro uomo non è necessariamente dato in carne, ossa e desiderio. Quel che conta è che sia fantasmatizzato così. Può anche essere «gli altri uomini», «il vero uomo che temo di non essere», eccetera. Gli studi sugli stupri di donne bianche da parte di uomini neri dicono che il vero bersaglio è l’uomo bianco: assunto inconsciamente come mentore/rivale/ostacolo.

9. Solo affrontando (anche) l’ombra dell’altro uomo, il desiderio di un uomo verso una donna può sperare di farsi almeno un po’ libero. E diventare, forse, amore: che è incontro difficile, pazientemente lavorato, con la differenza di lei dall’immagine con-desiderata iniziale. Incontro tra differenze: «Io non ti so, dimmi» (Balmary). Apertura relazionale alla possibilità di gustare, nel finito, l’infinità senza tempo nella quale il desiderio ci trascina.

10. Queste cose, ognuno le sa, in fondo all’anima, là dove ci sono le ferite più profonde e i rancori più antichi. Le sanno in particolare, credo, molte donne. Specie quelle che nel triangolo rovesciato del desiderio diventano vittime di violenza: archivio tanto spesso silenzioso di segreti inconfessabili intorno a come funzionano le danze relazionali del nostro desiderio, rovesciate in violenza. Non abbiamo ancora abbastanza parole condivise per dipanarli, questi segreti. Ma abbiamo per lo meno iniziato a balbettarne un po’.

Qui ho cercato di aggiungerne alcune che portano alla luce le dinamiche intermaschili. Aggiunta essenziale, pare a me, se vogliamo trasformare i grovigli relazionali virtualmente o fattualmente violenti in possibilità di incontro nella differenza: differenza uomo-donna e insieme differenza uomo-uomo.

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