Italia

Lombardia, pazienti trasferiti fuori regione

Lombardia, pazienti trasferiti fuori regioneIl bar del comune di Orzinuovi in provincia di Brescia – LaPresse

Coronavirus Per i medici rianimatori è uno scenario da catastrofe che «può rendere necessario mettere un limite di età per l'accesso alla terapia intensiva». Ieri 362 nuovi ricoveri, +10% quelli non gravi, +22% le terapie intensive. Aumenti più lenti di quelli delle ultime due settimane

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 8 marzo 2020

Nell’aggiornamento di ieri sera alla sede della Protezione Civile, il commissario Angelo Borrelli e il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) Silvio Brusaferro hanno dato una notizia buona e una cattiva. Quella buona è nei numeri: per la prima volta, i dati crescono ma più lentamente dei giorni precedenti. I nuovi ricoveri sono stati 362. Quelli in condizioni non gravi sono cresciuti del 10%, le terapie intensive del 22%. Aumenti, certo, ma più lenti di quelli visti nelle ultime due settimane, in cui le cifre salivano del +30-35% ogni 24 ore. In soldoni, significa che a questo ritmo i ricoveri in terapia intensiva raddoppiano ogni 3-4 giorni e non più ogni 2-3 giorni. Sono pochi giorni preziosi guadagnati prima che la sanità arrivi al limite di tenuta.

La notizia cattiva non viene dal numero assoluto di nuovi casi, che con 1.247 sono i più alti al mondo registrati ieri. L’aumento è solo apparente: «Si sono aggiunti in Lombardia più di 300 positivi non conteggiati nei giorni scorsi e provenienti dal laboratorio di Brescia», ha spiegato Brusaferro. Il segnale negativo viene piuttosto dai numeri delle persone ricoverate in terapia intensiva. Sulle complessive 567, ben 359 (il 63%) si trovano in Lombardia, dove il sistema sanitario è al limite. «Non ne abbiamo mai fatto mistero», ha ammesso Borrelli, «attiveremo tutte le risorse a livello nazionale».

Per la prima volta gli ospedali lombardi hanno dovuto ricorrere alla Centrale Remota Operazioni Soccorso Sanitario (CROSS), che interviene quando una regione non è più in grado di far fronte al numero di pazienti e deve chiedere soccorso alle altre regioni. La Protezione Civile ha disposto che un certo numero di pazienti in terapia intensiva in Lombardia per altre patologie sia trasferito negli ospedali delle regioni limitrofe.
I responsabili delle terapie intensive lombarde hanno inviato un appello drammatico al governatore Attilio Fontana: «Le strutture sanitarie sono sottoposte ad una pressione superiore ad ogni possibilità di adeguata risposta» scrivono i medici. «Nonostante l’enorme impegno di tutto il personale sanitario e il dispiegamento di tutti gli strumenti disponibili una corretta gestione del fenomeno è ormai impossibile».

Anche in Piemonte la situazione dell’epidemia si va aggravando. Secondo l’assessore alla sanità Luigi Icardi, nella regione «non è più possibile ricondurre i contagi a focolai accertati. In questo caso, la norma prevedrebbe l’applicazione delle stesse disposizioni riservate alle zone con focolai autoctoni, come la zona gialla in Lombardia».

La Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, che riunisce i medici specializzati nelle malattie più gravi, ha pubblicato ieri un documento di raccomandazioni dai contenuti allarmanti riguardo alle decisioni da prendere man mano che il sistema sanitario arriva a saturazione: «Uno scenario di questo genere è sostanzialmente assimilabile all’ambito della ‘medicina delle catastrofi’», scrivono i medici. «Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone». Si tratta di scelte a cui la medicina dei paesi avanzati non era più abituata. «Siamo consapevoli che affrontare questo tema può essere moralmente ed emotivamente difficile», ammettono i medici, «sono gli eventi emergenziali che stanno costringendo gli anestesisti-rianimatori a focalizzare l’attenzione sull’appropriatezza dei trattamenti verso chi ne può trarre maggiore beneficio, laddove le risorse non sono sufficienti per tutti pazienti».

Brusaferro e Borrelli hanno sottolineato l’importanza dei comportamenti individuali. «Andare al pub non è il posto migliore dove poter garantire la distanza tra una persona e l’altra», ha detto il presidente dell’ISS.
Sulla stessa linea il commissario Borrelli: «Vinciamo questa guerra se i nostri concittadini adottano comportamenti responsabili, cambiando il modo di vivere».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento