La «logistica» come giungla dei diritti. Che sovente diventa sfruttamento e sopraffazione. E non di rado sfocia nella violenza.

La vertenza della logistica Zara – o meglio: della ramificazione di cooperative tutte rispondenti a poche persone che lavorano in esclusiva per Zara – coinvolge circa 600 lavoratori che in tutta Italia gestiscono i magazzini per la multinazionale spagnola dell’abbigliamento.

LA VERTENZA DIVENTA FRAGOROSA il 6 marzo. L’amministratore delegato della cooperativa Il Faro Vittorio Picena si presenta con una quindicina di addetti alla sicurezza armati di pistole taser per «liberare il magazzino» di Castel Giubileo, periferia nord di Roma, da cui viene smistata tutta la merce per i tanti punti vendita della provincia, controllato dai lavoratori che da una settimana scioperavano per rivendicare i loro diritti. Una «spedizione punitiva» finita con tre lavoratori all’ospedale: «uno con 21 giorni di prognosi, uno con fratture scomposte ad una mano da operare, per non contare quelli con escoriazioni da uso della pistola elettrica», raccontava Massimo Pedretti, sindacalista Filt Cgil e testimone oculare dell’arrivo della polizia e dell’indentificazione degli «aggressori», compreso l’ad del Faro.

La rabbia dei sedicenti imprenditori è dovuta allo sciopero che blocca gli approvvigionamenti ai negozi Zara da più di una settimana. Non solo a Roma, ma in buona parte dell’Italia «a macchia di leopardo». I circa 1.100 dipendenti della cooperativa il Faro (Expo Logistic) che gestisce in esclusiva il servizio di facchinaggio per la multinazionale spagnola dell’abbigliamento in Italia scioperano per chiedere il ripristino del contratto nazionale della logistica e gli arretrati per 10 anni di sfruttamento. «Moltissimi lavoravano 220-230 ore al mese contro le 168 previste senza prendere un euro di straordinario», denunciava Alessandro Antonelli sempre della Filt Cgil. La novità della vertenza è proprio questa. A Roma sopratutto è la Cgil – meglio, la Filt Cgil, la federazione dei trasporti storicamente «destra» nella confederazione – ad appoggiare il blocco dei magazzini, protesta tipica dei Cobas.

COOPERATIVA IL FARO E sindacati avevano da poco trovato un accordo sul nuovo inquadramento – «pieno riconoscimento del 4° livello del contratto nazionale Merci e Logistica per tutti» – ma è sugli arretrati che le posizioni sono assai distanti. La maggior parte dei lavoratori viene da un buon decennio di sfruttamento e non accetta le poche migliaia di euro proposte dal Faro per un accordo tombale sul pregresso.

I lavoratori – soprattutto a Roma – sono quasi tutti egiziani. E il 20 marzo accade l’incredibile. È direttamente l’ambasciata egiziana a Roma – assieme al consolato di Milano – a fare pressione sui lavoratori perché firmino un accordo con le cooperative. La Filt Cgil era riuscita ad avere il permesso dalla questura per un presidio sotto Montecitorio, ma poche ore prima i lavoratori avvertono i sindacalisti che loro accetteranno i soldi proposti nella «scrittura privata» con le loro cooperative. In Egitto addirittura il ministro del lavoro Mohammad Saafan si intesta il successo e su alcuni giornali c’è perfino una foto che ritrae il rappresentante del consolato di Milano Ezzat Omran insieme ad alcuni dei lavoratori con un cartello in mano che recita: «Abbiamo ottenuto i nostri diritti».

I SINDACATI PERÒ NON CI STANNO. Anche lo Si Cobas non firmerà le conciliazioni: «Non accetteremo i diktat di alcun consolato, egiziano o pakistano (molti dei lavoratori del magazzino di Regello vicino a Firenze chiuso sono pakistani, ndr), i diritti si conquistano con le vertenze anche legali», commenta Alessandro Zadra del Si Cobas Milano.

A Reggio Emilia, Bologna e Rimini nel frattempo la lotta dei lavoratori egiziani diventa giudiziaria: i legali del sindacato raccolgono testimonianze per una denunce penali e civili.
Intanto la Filt Cgil cerca di chiedere l’intervento diretto di Zara nella vertenza.

A tre mesi di distanza la vertenza si è – praticamente – chiusa. «Quasi tutti i 600 facchini, al 90% egiziani, hanno firmato le conciliazioni con le cooperative in sede sindacale e protetta, non sotto la pressione delle istituzioni egiziane negli uffici delle cooperative», spiega Danilo Morini che per la Filt Cgil nazionale ha coordinato la vertenza sui vari territori. «I risultati positivi sono due: il riconoscimento in media di circa 20mila euro sul pregresso – 3mila euro netti per ogni anno di anzianità fino a 5 e mille per gli ulteriori 5 anni fino a 10 -, con la prima tranche già pagata e la seconda in pagamento: si tratta di circa un anno di retribuzione. Il secondo è che dal primo febbraio – retrodatato – avranno applicato il contratto merci e logistica in maniera coerente».

Non hanno transato alcuni lavoratori di Reggio Emilia che hanno fatto causa alle cooperative. Mentre molti dipendenti a Bologna e a Rimini hanno avuto riconosciuti importi molto inferiori.

SEMPRE A MARZO si era raggiunto l’accordo anche per i 39 lavoratori del magazzino Zara di Pian di Rona, a Reggello (Prato): ricollocazione di tutti i dipendenti del consorzio, che lavora per conto di Dhl a sua volta partner di Zara. Sono dislocati in altre sedi lavorative, ma manterranno le stesse garanzie contrattuali che avevano ottenuto a Reggello. Per la soddisfazione del Si Cobas.

A sbloccare la vertenza con i sindacati è stato anche l’intervento discreto ed indiretto di Zara. «Zara Italia è stata un passo indietro ma abbiamo sentore che abbia garantito economicamente l’operazione. Abbiamo incontrato l’ad e responsabile alle Risorse Umane De Falco», racconta ancora Morini della Filt Cgil.

Rimane il problema della rete di cooperative quanto meno chiacchierate e «non genuine». «Zara ha accordi e appalti con queste fino a novembre. Vedremo se li confermerà», chiude Morini. Che riferisce anche di «voci»: «pare che nei punti vendita l’azienda si stia preparando ad internalizzare i lavoratori di supporto alla vendita: magazzino interno, pulizie e servizi. Di per se è una buona notizia, sempre che siano confermati i livelli occupazionali. Diversamente – se l’idea di Zara è di stabilizzare una parte e di licenziare i restanti – ci mobiliteremo subito».

(2° puntata – La prima puntata di «La lotta paga. Sempre» su Italpizza è uscita il 17 agosto)