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Con gli occhi sul mondo

Con gli occhi sul mondo© Patryk Jaracz (vincitore) - Kids Learning How To Ride a Bicycle – © Patryk Jaracz

Mostra Il festival della Fotografia etica, a Lodi, fino al 27 ottobre

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 12 ottobre 2024

Alberto Prina, direttore del festival della Fotografia etica, definisce «fotografia necessaria» quella che racconta storie di un mondo in fiamme, villaggi fuori dal tempo, famiglie nomadi e scelte di vita radicali. Repubblica Democratica del Congo e Ucraina, Haiti, Mozambico, Perù o Kargopol a 1300 chilometri da Mosca, il Minnesota o l’altopiano degli Ozark nel cuore del Midwest americano sono solo alcuni fra i luoghi raccontati in oltre 20 mostre, da quasi 150 fotografi con più di un migliaio di immagini esposte.

La quindicesima edizione del festival (a Lodi, visitabile fino al 27 ottobre) offre il meglio del panorama del fotogiornalismo: un cuore espositivo è a Palazzo Barni dove sono esposti i lavori dei vincitori delle varie sezioni del World Report Award-Documenting Humanity; la sezione «Le vite degli altri» a Palazzo Modignani mostra invece quattro focus che indagano il legame fra le persone e il luogo in cui vivono; in altre sedi come lo Spazio No Profit i fotografi hanno lavorato a contatto con alcune Ong (African Women Rising, WeWorld e San Camilo Hospice) e infine, nella sede della Prefettura – open air – Gabriele Cecconi espone Elegia Lodigiana, sulle conseguenze che ebbe la crisi idrica del 2022 sulle terre e sull’economia locale.

Sono più d’una le fotografie in cui è ritratto Jimmy «Barbeque» Chérizier: fra le ottanta gang rivali che hanno in pugno la città di Port-au-Prince da marzo dello scorso anno, Chérizier è a capo di un’alleanza di nove gruppi armati, chiamata «Forze Rivoluzionarie dell’Alleanza G9» o «Viv Ansanm». Giles Clarke in Haiti in Turmoil racconta una «Repubblica delle gang» che vive sulle macerie dello Stato ufficiale. Con Chérisier è stato sferrato il massimo attacco alle istituzioni con svuotamento delle carceri, distruzione degli ospedali e i civili costretti ad accamparsi sulle colline vicine o nelle scuole e nelle piazze. Ad oggi metà della popolazione soffre la fame, i sequestri si susseguono senza sosta, le strade sono bloccate da macchine bruciate, sorta di rozze barricate pensate per arginare i sequestri (secondo le Nazioni Unite 2500 nel 2023). L’immagine di un autobus di linea stracarico di persone: gli operatori pagano una tassa di protezione per poter passare attraverso i quartieri dominati dalle bande. Per la strada le tante tende bianche in cui si accampano i civili: violenza e instabilità hanno portato a 578000 sfollati interni solo nel 2024.

Dopo tanti anni poter rivedere e seppellire i resti di qualcuno che si è amato, una persona a noi vicina della quale non abbiamo mai più avuto notizie. Alejandrina Valenzuela finalmente può piangere – compostamente– di fronte al feretro contenente il corpo dei suoi genitori. Tutte quelle veglie funebri che fino ad ora non potevano svolgersi adesso finalmente avvengono di fronte ai nipoti e nelle case di chi ci aveva abitato. Con El lenguaje de los huesos (Il linguaggio delle ossa) Musuk Nolte, fotografo di origine messicana naturalizzato peruviano, documenta i processi di restituzione delle spoglie di tutti coloro che in Perù restarono uccisi negli scontri della guerra interna – dal 1980 al 2000 – fra i guerriglieri di Sendero Luminoso e le forze governative. Vittime di violenza, attentati e stupri furono in gran parte tutti quei campesinos che risiedevano in villaggi spesso isolati, piccoli centri interni nelle Ande; i volti ritratti da Nolte sono quelli di chi perse i propri cari nel massacro di Ayacucho o in altri scontri durante la guerra civile e i cui resti sono rimasti a lungo dispersi in luoghi remoti e nelle fosse comuni.

In Un gelido inverno (Winter’s bone il titolo originale), ambientato negli Ozarks del Missouri, la diciassettenne Ree (Jennifer Lawrence) cattura, uccide e scuoia scoiattoli che poi fanno da stufato per i due fratelli piccoli mentre lei continua a cercare il padre scomparso nei boschi dietro alle metanfetamine. Cervi o scoiattoli da scuoiare e mangiare arrostiti sembrano essere un fil rouge nella vita sull’altopiano degli Ozarks. Terra Fondriest descrive la vita di famiglia – la propria – in questa area del Midwest trumpiano. I bambini passano l’estate praticamente sempre nudi a farsi becchettare il grano fra le dita dei piedi, le tarantole gigantesche si aggirano indisturbate e i cani hanno il muso insanguinato dopo aver assistito i loro umani che macellano i cervi abbattuti. Un mix di caccia, armi ma anche una dimensione legata a una vita alla Walden in cui nulla fa pensare alla serie omonima – che eppure si svolgeva sempre lì – piena di Casinò e motoscafi.

Dancing spirits è il titolo del lavoro fotografico che Camilla Richetti, vincitrice dello Student Award, ha fatto nella Repubblica Democratica del Congo osservando il popolo Bayaka (o Aka), uno degli undici gruppi di pigmei che vivono nella parte sud-orientale della foresta pluviale. Popolo di raccoglitori-cacciatori gli Aka hanno la foresta nel sangue, ne conoscono suoni e odori e sono devoti, secondo il loro credo animista, agli spiriti che lì vivono.

La forte deforestazione – ma anche la concessione da parte del governo di larghe aree destinate ad essere parchi naturali – stanno minando il loro habitat e la loro vita quotidiana fatta di lunghi appostamenti nelle aree paludose in attesa di un pesce dei fondali, di caccia ai pipistrelli con reti da pesca tese fra gli alberi, di danze notturne e notti nella foresta sotto una zanzariera di fortuna in attesa del momento giusto per catturare ed affumicare la preda. Infine nel nordovest dell’Ucraina: le tre bambine bionde – fotografate da Patryk Jaracz – che stanno imparando ad andare in bicicletta nei campi di grano. Sorridono, nonostante tutto e nonostante le bombe che cadono dietro di loro.

Ogni fotografia del festival ha una didascalia lunga e accurata che spiega e contestualizza l’immagine, uno strumento questo davvero indispensabile e strettamente legato all’aspetto «etico» della manifestazione culturale.

 

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