«L’occhio di vetro», i segreti famigliari dentro la storia dell’Italia fascista
Cinema In sala arriva il nuovo film di Duccio Chiarini.
Cinema In sala arriva il nuovo film di Duccio Chiarini.
Duccio Chiarini è personaggio singolare nel panorama cinematografico nostrano. Sicuramente dotato di talento, come confermano i suoi due interessantissimi lungometraggi a soggetto, Short Skin e L’ospite, ha una chance più degli altri per la singolarità delle sue ascendenze famigliari. Aveva infatti esordito con il documentario Hit the Road Nonna, sulla figura esplosiva di nonna Delia, antesignana di tutto, ma poco propensa agli affetti famigliari. Ora affronta l’altra metà della famiglia con L’occhio di vetro. E parte dall’altra sua nonna, la Danda, che lo ha invece accudito da bimbo e che lui riteneva la quintessenza della bontà.
MA LE COSE seguono un loro percorso che prescinde dagli affetti. Così Duccio scopre che quasi tutta la famiglia materna era convintamente schierata e anche compromessa con il fascismo. Dal bisnonno, eroe della prima guerra mondiale, dove aveva perso un occhio, da cui il titolo, sino a due dei suoi tre figli. E non si tratta di simpatie, bensì di ruoli importanti e militanza attiva, Repubblica sociale compresa. Unica dissidente la sorella di nonna, Maria Grazia, anticonformista, sposata a un maestro, partigiano (divenuto senatore Pci) che però con l’aiuto del marito nel dopoguerra si sacrifica e rischia dando rifugio al resto della famiglia compromessa ospitando tutti per mesi a Lovere.
Per Duccio la scoperta è tardiva, perché nessuno in casa ne aveva mai parlato. «Quel giorno la parola fascismo uscì dai libri di scuola e si frappose come nebbia tra me e le persone più amate, rendendo torbido tutto ciò che per anni era stato cristallino». Duccio ricerca, scova, ricostruisce vicende che lo colpiscono a tal punto da strappargli l’esclamazione tipicamente toscana: boia. «Per quanto il giovane uomo che ero diventato vivesse con senso di colpa e vergogna la prossimità ad una storia che non sentiva come sua, il bambino che ancora portavo dentro si sentiva affascinato dal muro di silenzio in cui era stato nascosto il passato della sua famiglia. Per anni ho tentato di abbattere quel muro, ma né le mie provocazioni di ventenne né i ragionamenti di trentenne sono mai riusciti a colmare quella distanza; è stato purtroppo solo dopo la morte dei miei nonni che sono riuscito a fare luce su quegli anni». Giovedì 10, alle 20,30 il film sarà al cinema Mexico di Milano, alla presenza dell’autore.
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