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Le vittime attendono ancora le scuse dallo Stato

Genova 2001 La responsabilità della "macelleria messicana" e l'occasione perduta di Napolitano

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 3 gennaio 2014

In un Paese normale non ci sarebbe nulla per cui rallegrarsi: chi è condannato, deve espiare una pena; ed è altrettanto ovvio che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla legge.

Non è così in Italia, dove l’impunità è troppo spesso stata garantita a coloro che indossano una divisa, soprattutto quando i reati commessi sono contro donne e uomini che manifestano per la difesa della democrazia.

Per queste ragioni storiche non deve passare sotto silenzio la decisione dei magistrati che il 31 dicembre hanno arrestato per fatti connessi alla «macelleria messicana» della Diaz, tre dei poliziotti più alti in grado presenti a Genova durante il G8. Sono stati condannati agli arresti domiciliari ed è stata rifiutata la loro richiesta di essere inviati ai servizi sociali.

Tutto il circuito mainstream ha evitato di darne notizia; tanto più che Spartaco Mortola, Giovanni Luperi e Francesco Gratteri non sono poliziotti qualunque. Già nel 2001 ricoprivano incarichi di massima importanza: il primo capo della Digos genovese, il secondo ex dirigente dell’Ucigos e Francesco Gratteri che era il numero tre della polizia italiana con la non velata aspirazione di diventarne il capo. Mentre i magistrati li inquisivano, i superpoliziotti venivano promossi ad incarichi sempre più importanti con l’approvazione bipartisan del Parlamento. Nessuno ha mai sentito la necessità, nemmeno dopo le condanne di primo e secondo grado, di rimuoverli dai loro incarichi; non è questa un’eccezione, infatti ci risulta che ad oggi la polizia non abbia avviato alcun procedimento interno nei confronti dei non pochi poliziotti condannati. Sono tutti ancora regolarmente in sevizio, tranne quelli condannati dai magistrati all’interdizione ai pubblici uffici.

La decisone dei magistrati è stata possibile proprio per l’indipendenza dal potere politico che la Costituzione garantisce alla magistratura. Certo, l’arresto avviene a quasi dodici anni dai fatti, ma….meglio tardi che mai. Agli arresti domiciliari resteranno per pochi mesi, gran parte della pena è stata cancellata dal provvidenziale indulto del 2006 ma le decisione del tribunale è comunque importante perché prova, tra mille difficoltà, a ribadire un principio fondamentale: non ci sono zone franche, non ci sono impunità garantite dalla divisa che si indossa.

Le vittime della Diaz stanno ancora aspettando da dodici anni una parola di scuse dalle nostre istituzioni; che finora non c’è stata. L’ultima occasione l’ha persa, proprio poche ore dopo gli arresti, nel discorso di fine anno, colui che dovrebbe rappresentare la nostra Costituzione calpestata e sospesa nelle giornate genovesi. Eppure aveva a disposizione ben più di una lettera inviatagli in questi lunghi anni da chi chiedeva che lo Stato si assumesse le proprie responsabilità per la «macelleria messicana». Ma si sa, ci sono lettere e lettere, alcune si possono citare, altre è più saggio ignorarle.

* già portavoce del Genoa Social Forum, nel luglio 2001

 

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