Le vie di Vladimir Putin saranno anche finite, ma quelle della seta no. Mentre si avvicina l’autunno e in Europa si alza l’allarme per l’approvvigionamento di gas, la Cina si sostituisce parzialmente alla Russia. In che modo? Da una parte alza le importazioni da Mosca, dall’altra le esportazioni verso i paesi europei. Con l’apparente paradosso che una porzione di quel gas naturale liquefatto acquistato da Pechino provenga proprio da Mosca.

PARTIAMO DAI DATI. La Cina è tradizionalmente il principale acquirente mondiale di gas naturale liquefatto (gnl) al mondo, ma al momento ha in casa un surplus dettato da una domanda energetica più debole del solito. La causa è un’economia che ha rallentato la propria crescita e che sta risentendo delle chiusure a intermittenza dettate dalla strategia zero Covid decisa dal governo e sulla quale non si prevedono modifiche sostanziali almeno fino alla fine del XX Congresso del Partito comunista in programma a metà ottobre. La Cina sta dunque rivendendo corpose quantità di gnl in eccesso. Secondo il Financial Times, la quantità totale di gnl cinese che è stata rivenduta è probabilmente superiore a 4 milioni di tonnellate. Il solo Sinopec Group, principale raffinatore di petrolio cinese, avrebbe venduto 45 carichi di gnl, pari a circa 3,15 milioni di tonnellate.

In prima fila l’Europa, in difficoltà per “l’otturazione” dei rubinetti di Mosca e alla disperata ricerca di fonti alternative. Il gas che transita dalla Russia verso l’Europa è solo il 20% di quello che era un anno fa. Per questo, come riporta la società di ricerca Kpler, le importazioni europee di gnl sono cresciute del 60% su base annua nei primi sei mesi del 2022. Guardando proprio in direzione di Pechino. Il gruppo cinese Jovo ha recentemente rivelato di aver rivenduto un carico di gnl a un acquirente europeo. Il tutto, ovviamente, a un prezzo maggiorato. Un trader di futures di Shanghai ha dichiarato a Nikkei che il profitto ottenuto da una simile transazione potrebbe raggiungere i cento milioni di dollari.

MA DA DOVE ARRIVA il gas cinese in eccedenza? Nei primi sei mesi dell’anno, la Cina ha acquistato un totale di 2,35 milioni di tonnellate di gnl dalla Russia, per un valore di 2,16 miliardi di dollari. Un dato in aumento del 28,7% rispetto all’anno precedente, mentre secondo il South China Morning Post il valore sarebbe salito del 182%. La Russia ha superato Indonesia e Stati uniti diventando il quarto fornitore di gnl della Cina, anche se nell’ultimo anno le imprese cinesi hanno firmato 10 contratti a lungo termine per importare gnl dagli Usa. Tra questi l’accordo di fornitura ventennale da 30 miliardi di dollari sottoscritto da Sinopec con Venture Global, con sede in Louisiana. È dunque plausibile, secondo diversi osservatori, che una buona quantità del gnl che l’Europa acquista a prezzi maggiorati dalla Cina possa provenire proprio dalla Russia. O, quantomeno, che l’aumento delle esportazioni di Mosca stia rendendo più semplice per Pechino vendere le eccedenze in house.

GRAZIE AI PREZZI scontati dal Cremlino ai partner asiatici (di cui ha beneficiato anche l’India con un boom di acquisti di petrolio), è aumentato nettamente anche l’import di gas russo via terra: +63,4% nella prima metà del 2022, con un valore quasi triplicato a 1,66 miliardi di dollari. Si è passati dai 4,6 miliardi di metri cubi della prima metà del 2021 ai 7,5 miliardi di metri cubi del 2022. Gazprom ha comunicato che il programma per il flusso di gas sulle rotte orientali verrà ulteriormente rafforzato. E la Mongolia ha annunciato che entro il 2024 inizierà la costruzione del Power of Siberia 2. Frutto di un accordo del 2019, il gasdotto collegherà Russia e Cina con una capacità massima di 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Con riflessi anche per l’Europa, visto che attingerà alle stesse riserve che l’hanno rifornita finora, permettendo a Gazprom di reindirizzare le sue esportazioni.
Ma se la Russia deciderà di esportare più gas verso la Cina, Pechino avrà più capacità di rivendere il suo gas in eccesso sul mercato spot, aiutando indirettamente l’Europa che è riuscita a portare il tasso di occupazione degli stoccaggi al 77%. Ma i prezzi, come detto, sono maggiorati. E l’Europa potrebbe ritrovarsi dipendente da Pechino, che allo stesso tempo sta estendendo la sua produzione di gas nazionale a un ritmo che nel 2022 dovrebbe attestarsi sul 7% su base annua.

MA UNA VOLTA che l’economia cinese sarà ripartita a pieno ritmo, il surplus si assottiglierà. Per questo, secondo un report del think tank tedesco Merics, «l’allarme sulla dipendenza sul gnl cinese è quantomeno prematuro». Ma per adesso le alternative al gas russo non sembrano ancora bastare. Almeno per ora, sul gas la Cina sembra aver legato a sé Russia e Ue in un colpo solo.