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Lo spirito di Dunkirk e la Brexit

Lo spirito di Dunkirk e la BrexitUna scena da «Dunkirk» di Christopher Nolan

Cinema Gli inglesi hanno sempre goduto della sconfitta più della vittoria. Nolan questo lo sa e il suo film esulta in momenti di sobrio eroismo - vedi Kenneth Branagh e Tom Hardy - ma è allo stesso tempo il ritratto di come un quasi disastro può diventare un mito

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 2 settembre 2017

Il nuovo film di Christopher Nolan Dunkirk è stato progettato prima del voto per la Brexit, e quando la possibilità che il Regno Unito lasciasse l’Europa sembrava ancora molto lontana. Il film è arrivato nelle sale in un momento molto critico per il mio paese, dove ‘lo spirito di Dunkirk’ è un concetto di cui si sente parlare fin da bambini. Una chiave di volta nel carattere nazionale. Parla di stoicismo, sacrificio e sopravvivenza contro ogni previsione. Ma adesso sentiamo parlare tanto di Dunkirk con un altro tono, un tono trionfale. Politici e giornalisti vari hanno dichiarato il ritiro di quasi 400,000 truppe dalla piccola città del nord della Francia più volte.

Sulla copertina della rivista satirica «Private Eye», i soldati del nuovo film di Nolan aspettano sul molo mentre uno dice: «Non pensavo che la Brexit sarebbe stata così difficile» Il deputato conservatore Penny Morduant nel 2016 ha scritto sul Daily Telegraph: «lo spirito di Dunkirk ci farà prosperare». Steve Jones di The Guardian ha suggerito che Nigel Farage avrebbe citato il film nel suo discorso dopo la vittoria del ‘No’ se il film fosse uscito in tempo. Ma in tutto questo c’è una logica falsa basata su una somiglianza banale.

L’esercito britannico uscì dall’Europa e poi vinse la guerra e così faremo anche noi adesso, anche se non stiamo scappando dai nazisti, ma siamo invece più simili ad un uomo che salta dalla finestra di casa sua per paura di un incendio che non c’è, che non c’è mai stato. E rischia di rompersi il collo. La storia e il film raccontano chiaramente che Dunkirk fu un disastro quasi totale. Winston Churchill dovette fare un discorso molto pessimista – che sentiamo nel film – ‘combatteremo sulle spiagge, combatteremo nei campi e nelle strade … ma non ci arrenderemo mai.’ Spesso citato come un pilastro della retorica britannica, il discorso prevede un’invasione ed una serie di sconfitte. E così andiamo dalle spiagge ai campi e poi alle strade. Il messaggio non era: ‘siamo così bravi, ce la caveremo soli’. Era invece mirato agli americani – ‘non vinceremo senza il vostro aiuto’.

I cosiddetti Brexiteer che inneggiano tanto all’iconografia degli aerei Spitfire dovrebbero capire che Dunkirk non è una strategia da copiare ma un’uscita di emergenza – con conseguente rischio di annientamento. Ben lontano dall’essere un inno all’isolazionismo, in Dunkirk Nolan fa vedere che il tempo servito per compiere il miracolo fu solo possibile con il sacrificio di tanti soldati francesi che tennero lontano i tedeschi – anche se l’ordine di Hitler di non attaccare ha fatto discutere negli anni successivi.

Gli inglesi hanno sempre goduto della sconfitta più della vittoria, vedi lo Scott dell’Antartide o Gordon di Khartoum. Ancor meglio se si tratta di una vittoria tragica. È per questo che l’Ammiraglio Nelson, morto durante la battaglia a Trafalgar, si trova in cima alla famosa colonna nel centro di Londra mentre Wellington, sopravvissuto a Waterloo, ha prestato il suo nome agli stivali di gomma. Ma questo è un vizio degli inglesi, non una virtù. Sarebbe come se l’Italia basasse la sua politica estera sull’eruzione a Pompei. Nolan questo lo sa e il suo film esulta in momenti di sobrio eroismo – vedi Kenneth Branagh e Tom Hardy – ma è allo stesso tempo il ritratto di come un quasi disastro può diventare un mito.

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