Se il carnevale uruguaiano vende più biglietti in un mese che il campionato di calcio in un anno, molto si deve alla murga. La drammaturgia del teatro e la potenza delle percussioni s’incontrano in questa forma d’espressione artistica; l’ironia e la parodia si mascherano per cantare, con ritmo tambureggiante, quello su cui tace il circo della politica «ufficiale». Durante il carnevale, lontano dai salotti, i club di Montevideo si trasformano nello spazio in cui le murghe suonano il sentimento popolare. Per molti, la murga è espressione viscerale di ciò che sorge dal basso e spesso sfugge all’arte.

Nel 2001 i due fratelli Yamundú e Tabaré Cardozo – figli di un pastore metodista – hanno raggruppato diversi artisti e formato la compagnia Agarrate Catalina: la murga che ha rivoluzionato la lirica carnevalesca e cambiato il paradigma della musica popolare uruguaiana. Nata nel Cerro – lo storico quartiere anarchico di Montevideo – la Catalina è diventata la più importante e seguita banda del paese. E se, come scrive lo studioso Anibal Sicardi, «la murga è tipo il mate, una deliziosa scusa per una meditazione personale e comunitaria», la musica di Agarrate Catalina è una delle più potenti espressioni culturali dell’Uruguay di oggi, dell’Uruguay con Mujica.

Sin da quando era ministro per le politiche agricole, la maschera dell’ex tupamaro è una delle preferite dal gruppo. La «Catalina» regalò anche una canzoncina al Movimento di Partecipazione Popolare, che appoggiava la campagna presidenziale di Mujica. Allora, molti li accusarono di essere «il braccio artistico del Frente Amplio», in verità il motivetto non era nemmeno la canzone ufficiale della campagna ma divenne un inno tra la gente perché – come altre canzoni del gruppo – riuscì a sentire ed esprimere le ansie popolari, in quel caso per un cambiamento politico.

Nel 2010, invece, proprio il Presidente fu bersaglio dell’ironia della sua murga preferita. Nel tema Civilización si burlano dei suoi modi da contadino, criticando in realtà la cultura del consumo e l’ipocrisia. Tant’è che, la sera in cui il gruppo presentava il brano, tra le prime file saltò fuori proprio Mujica: il primo presidente uruguaiano ad assistere a uno spettacolo carnevalesco.
I fratelli Cardozo riescono a fare della murga una raffinata espressione artistica senza perdere la sintonia con la spiritualità popolare.

L’ultima produzione della Catalina – La Violencia– rappresenta da una prospettiva locale le frustrazioni delle classi oppresse a ogni latitudine: nel video si vedono ultras da stadio e giovani incappucciati spaccare tutto: è la rabbia degli emarginati che si manifesta tanto violentemente come inconsciamente contro l’esclusività sociale del neoliberismo. Dal video, che spopola nella rete, si percepisce la potenza della loro musica: oltre che nel dare ai sentimenti della propria gente un significato universale, la forza della murga sta nella capacità degli artisti d’incarnare i personaggi che mettono in scena. Come quando, cantando la Globalización, prendono in giro alla maniera di un ragazzo di strada uruguayano l’atteggiamento europeo di chiusura verso gli immigrati.

«Agarrate Catalina si è trasformata in uno dei più grandi ambasciatori della cultura uruguayana» ha spiegato Mujica, che ha voluto salutare di persona gli artisti prima della partenza per l’attuale tour mondiale. Tour preparato con l’aiuto di sedici traduttori per rompere  le barriere linguistiche, e che lì porterà per la prima volta in Italia, a Roma il 12 settembre.

Sono loro, infatti, il nome grosso della quarta edizione del Festival autofinanziato e completamente gratuito che si svolgerà al Parco degli Acquedotti: Roma salta in Aria. L’evento – organizzato dai giovani del Centro Sociale Spartaco – si apre il pomeriggio con una Street Parade: per le strade del Quadraro sfileranno murghe da tutta l’Italia. Prima del concerto, la Rete di solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana presenta Il Presidente Impossibile: la prima biografia italiana di Mujica che parla anche del gruppo dei fratelli Cardozo, scritta da Nadia Angelucci e Gianni Tarquini. Chissà che non sbuchi – per dire la sua – proprio qualcuno della Catalina, magari con la maschera del Pepe…