Lo spiacevole ritorno di zio Tibia
Comics Ispirato a \Uncle Creepy| cambia nome in italiano ma resta il cinico e ironico pupazzo dal volto putrido
Comics Ispirato a \Uncle Creepy| cambia nome in italiano ma resta il cinico e ironico pupazzo dal volto putrido
Ci sono molti modi per iniziare a trafficare con il mondo del fantastico e del terrore. Per chi era adolescente alla fine degli anni ottanta il pertugio ideale fu lo Zio Tibia, un pupazzo come quelli che allietavano il pomeriggio dei più piccoli ma dalle sembianze abbastanza raccapriccianti, giusto per far subito capire di cosa si stava per parlare.
Questo pupazzo faceva da anfitrione per la presentazione di film o serie televisive che servirono da vero e proprio apprendistato per la generazione che poi negli anni novanta avrebbe dedicato energie e sforzi per una rivalutazione del genere horror.
L’appuntamento su Italia 1 era per il fine serata, ad un’ora che sarebbe servita (inutilmente) nella mente di chi allora progettava i palinsesti, a tenere lontani tutti gli incauti bambini o adolescenti dal piccolo schermo.
Pochi minuti e poi partiva la visione di serie come Freddy’s Nightmare o Venerdì 13. Ma c’erano anche i film dopo l’orrido pupazzo, capisaldi del genere che nessuno, al di fuori dei cineclub, aveva mai visto: La mummia, La maschera di cera, La moglie di Frankenstein e così via.
Eravamo nel 1989, giusto vent’anni prima erano apparse per la prima volta nel nostro paese in formato tascabile Le spiacevoli notti dello zio Tibia, pubblicate da Mondadori.
Si sta assistendo al primo serio tentativo di addentrarsi nel mondo degli incubi, da poco è uscito nelle sale cinematografiche il Toby Dammit di Fellini, al lavoro ci sono da tempo personaggi cruciali come Mario Bava e Lucio Fulci.
Nella raccolta di Zio Tibia confluivano i racconti brevi apparsi a partire dalla età degli anni sessanta su “Creepy” ed “Eerie”, due magazine pubblicati dalla casa editrice americana Warren. Ma il ruolo fondamentale era quello svolto dai curatori, personaggi fondamentali per la riscoperta del genere in quel periodo come Russ Jones, Archie Goodwin e Joe Orlando. In particolare Goodwin, nella veste non solo di editor in capo ma anche di soggettista, fu il personaggio chiave di queste storie dell’orrore a fumetti che ora riappaiono in Italia nella speranza che servano per una nuova fiammata dell’interesse verso mostri, fantasie macabre e alambicchi misteriosi: Lo spiacevole ritorno di zio Tibia (Oscar Ink, con una prefazione di Fabio Genovesi, pp. 317, € 25).
Si tratta di un vero e proprio evento editoriale perché consente di misurare l’impatto su una nuova generazione, consacrata alla rapidità di fruizione e alla velocità di pensiero, di queste brevi, a volte brevissime storie dell’orrore.
La prima si intitola “L’incantesimo”, scritta da Larry Ivie con i disegni di Gray Morrow. Un uomo, ovviamente scettico verso tutto quello che riguarda il mondo dell’occulto, si imbatte in un vecchio libro in cui si parla di magia. “Sciocchezze, tutte le storie sulle streghe sono sciocchezze!”, risponde alla moglie che lo informa sulla presenza delle vecchie megere nel luogo in cui loro attualmente vivono.
La notte non porterà consiglio a questo incredulo dei nostri tempi, anzi, un tremendo incubo dal quale si risveglierà con una dolorosa puntura su un braccio, salvo accorgersi che la sua bambina ha in mano un pupazzo con le sue esatte sembianze donato a lei e alle sue amichette assieme ad una grossa scatola di spilli da una vecchia signora. Ma mentre la bambina spiega innocente al papà perché ha in mano quel bambolotto uguale identico a lui, l’uomo continua a sentire tremende fitte sul braccio, segno che altre bambine innocenti stanno conficcando nel bambolotto di pezza un appuntito spillo.
Poche pagine, come si è detto, bastano a questi maestri del racconto per tratteggiare i contorni di una vicenda e andare dritti al tema del racconto che può spaziare da storie originali che variano i classici argomenti del genere. La stregoneria, appunto, con tutti i suoi addentellati (il sabba, ecc.), il mondo degli incubi, licantropi e altre tipologie di mostri, oppure tutto un filone di riadattamento di piccole perle di grandi scrittori come Bram Stoker, Poe e altri.
Il tutto corredato all’inizio e alla fine dall’umorismo nero, nerissimo dello zio Tibia.
Già ma chi è zio Tibia? Lo scopriamo in “Sabba infernale” che inizia con un uomo che scappa da un gruppo di persone abbastanza arrabbiate che lo stanno rincorrendo. Ad un certo punto viene soccorso da un individuo con una gobba incipiente che lo invita a salire sul suo carro e lo porta via.
Giungono, guarda un po’, in luogo chiamato Transilvania, più precisamente in un fosco castello. L’uomo con la gobba dice al suo padrone, il dottor Habeas, di aver trovato un altro esemplare molto interessante per i loro esperimenti: un divoratore di cadaveri.
Nelle fetide segrete del castello sembrano esserci proprio tutti: il lupo mannaro, la mummia vivente, la strega, il vampiro. Il dottore li ha imprigionati perché è convinto di poter estrapolare da loro il fluido dell’immortalità e impiantarlo, tramite il procedimento di Frankenstein, su di sé. Ma la gente del villaggio vicino al castello è sempre più preoccupata dagli strani e inquietanti fatti che da qualche tempo si susseguono nel paese come vampiri che assaltano giovani ragazze.
Decidono di formare una spedizione e di andare a vedere cosa sta davvero facendo il dottor Habeas, ma quando questi ordina ai suoi mostri di avventarsi contro di loro questi si ribellano e si gettano contro di lui. In un attimo divampa il fuoco nel castello e tutti i segreti degli esperimenti sull’immortalità del folle dottore sono andati perduti. O almeno così si pensa, perché nel trambusto si è avuto un mescolamento tra i fluidi dei vari mostri dai quali è nato una sorta di strano, orrorifico infante. Lo zio Tibia!
A lui, scrive Goodwin, in conclusione, il compito di tenere viva “la tradizione.”
Tra le varie perle di questa raccolta vale la pena infine ricordare la storia dell’uomo che per incassare i soldi dell’assicurazione sulla vita della moglie le dà un appuntamento con il lupo mannaro, salvo scoprire che si tratta proprio della moglie e che ad essere sbranato non sarà lei, ma lui.
Solo un assaggio dei tanti toni e delle tante emozioni che si assaporano attraverso questi brevi, fulminante racconti a fumetti dello zio Tibia.
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