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Lo spazio imprevisto del tradimento

Lo spazio imprevisto del tradimento

Femmine Folli Le ossessioni amorose sono trippa per i miei denti (miao!). Dopo sei anni di relazione, molto tempo fa («Avevo pochi anni e vent’anni sembran pochi, poi ti volti a guardarli […]

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 21 aprile 2016

Le ossessioni amorose sono trippa per i miei denti (miao!). Dopo sei anni di relazione, molto tempo fa («Avevo pochi anni e vent’anni sembran pochi, poi ti volti a guardarli e non li trovi più…»), feci d’impulso il cortometraggio Se perdo te sulla fine della mia storia d’amore, interpretando me stessa e raccontando quanto mi mancava colui che mi aveva lasciata.

Entrai di soppiatto – avevo ancora le chiavi – nella casa del mio ex. Sapevo che non c’era: armata di super8 girai delle riprese della sua casa che montai insieme a molte altre scene simboliche (alla fine gli dedicai il piccolo film). Era l’ultimo estremo tentativo di farlo tornare da me. Lui – evidentemente ormai agli antipodi – la interpretò solo come una violazione della privacy. Questo segnò in maniera marcata la differenza sostanziale tra di noi e la fine definitiva del nostro amore.
Ne La femmina nuda (una delle prime pubblicazioni della nuova casa editrice di Elisabetta Sgarbi, La nave di Teseo) la scrittrice Elena Stancanelli racconta di Anna (una donna che ha molte caratteristiche in comune con l’autrice) – l’io narrante femminile del libro – che viene messa in secondo piano, a sorpresa, da Davide, il meccanico con cui ha condiviso la vita degli ultimi cinque anni a dispetto di quello che pensavano «gli altri», delle loro evidenti differenze, del divario intellettuale, naturalmente compensato sul piano fisico.

 

 

Anna non si affligge per il tradimento – anche lei lo ha compiuto più volte durante il quinquennio insieme – piuttosto per la possibilità che il suo uomo faccia del sesso migliore con un’altra che con lei. Quando, attraverso perlustrazioni in ogni luogo privato dell’ex – fisico e virtuale – dal cellulare ai profili sui social network, trova una fotografia dell’organo genitale di Cane (così ha impietosamente soprannominato la rivale), va fuori di testa: la sua ossessione travalica ogni limite in una graduale, classica discesa negli inferi, fino a un finale contatto troppo ravvicinato con la personificazione del suo smacco.
Un anno dopo che la mia storia importante era finita (si hanno vent’anni una volta sola), quando stavo sul punto di coinvolgermi e legarmi sentimentalmente ad un altro, improvvisamente la rivelazione: a casa del mio ex viveva la mia personale Cane, e non da un paio di mesi, da allora, da subito, forse anche mentre noi ci stavamo ancora lasciando, forse anche il giorno delle riprese in super8. Altro che filmetti dedicati o panni lavati in pubblico, qui si trattava di beffa in piena regola.

 

 

A quel punto non ci vidi più, diventai una Erinni. Scrissi il seguito di Se perdo te: si chiamava Odio l’estate (dalla memorabile canzone di Bruno Martino) e, come in un gioco da bambini, manomettendo la vettura regalavo ai due freschi amanti uno spettacolare incidente di macchina (il trompe-l’oeil, in sceneggiatura, avveniva attraverso dei modellini di macchinine di plastica infantili).

 

 

La tipa l’avrei ammazzata, almeno metaforicamente («… c’è chi uccide per rubare e c’è chi uccide per amore»). Altro che gelosia. Ero obnubilata. Le vibrazioni negative, però, mi impedirono di girare. Cambiai soggetto, punii gli uomini tutti, in quanto specie inferiore e meschina, e nacque così un più blando Il matrimonio può attendere.

Nel romanzo della Stancanelli Anna fa quello che avrei voluto fare io se avessi lasciato libero il freno, se mi fossi concessa la pazzia, se avessi giocato il tutto per tutto. Per fortuna, in quella occasione, come in molte altre, fu la creatività a salvarmi. Come alla Stancanelli d’altronde, per anni fidanzata con un tipo a cui calza alla perfezione la descrizione del suo protagonista maschile.

(Necessito di calma, tenetemi lontana da una libreria per un po’).

fabianasargentini@alice.it

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