Prosegue la pubblicazione della collana «Gli autonomi», giunta ormai al suo undicesimo volume (L’autonomia operaia meridionale. Napoli e la Campania – Parte Seconda, DeriveApprodi, pp. 272, euro 18). In continuità con il discorso iniziato nel libro precedente, i curatori Antonio Bove e Francesco Festa allargano l’orizzonte narrativo temporale concentrandosi sul periodo a cavallo fra gli anni ’70 e ’80, nel quale si gettano le basi per una nuova stagione di esperienze di organizzazione e opposizione sociale.

È IL TERREMOTO DEL 1980 a fare da linea di demarcazione, a rappresentare una sorta di «anno zero» dell’esperienza di auto-organizzazione politica nel Meridione. In una terra in cui, a partire dall’Unità d’Italia, la presenza dello Stato è sempre stata latente e parassitaria, assumendo i caratteri di una piemontesizzazione violenta e forzata, dove anche la modernità con il suo boom economico è arrivato in maniera secondaria e indiretta, d’accatto, attraverso un’emigrazione forzata e un welfare familistico, il terremoto del 1980 sembrava voler confermare anche da un punto di vista naturale, e non solo sociale ed economico, la condizione di arretratezza e di disastro del Sud Italia.

LA RISPOSTA ISTITUZIONALE a quel disastro avviene attraverso le modalità perniciose della clientelismo, o attraverso la centralizzazione del potere per mezzo di decretazioni emergenziali o ancora, infine, lasciando il campo libero al mercato e alla razionalità neoliberista di un capitalismo divenuto stato, che può così vincere «la guerra civile mai dichiarata con la classe lavoratrice, allo scopo di annientare le formazioni dell’antagonismo di classe». Ma se da un lato porta alla luce le responsabilità di uno Stato assente, mettendo a nudo il cinismo di una classe imprenditoriale pronta a saccheggiare la collettività attingendo alle risorse pubbliche del governo, ‘O Terremoto contribuisce a far emergere un interesse comune, che costituisce il fulcro intorno al quale l’iniziativa proletaria si riorganizza, in cui la soggettività politica si riconosce in forme ed esperienze molteplici.

QUELLA del 23 novembre 1980 rappresenta perciò una data spartiacque. Il volume ripercorre così le storie di quelle formazioni autonome emerse all’indomani di quell’evento tragico: dalle lotte nella carceri al fianco dei sottoproletari e dei dannati fino alle lotte per la casa, dalle campagne antimilitariste fino alle esperienze del femminismo e al loro rapporto con i movimenti sociali.
Una trama obliqua di storie di rivolta dunque, una costellazione di esperienze trasversali di militanza, che si annodano e si intrecciano, e che a partire dal legame saldo con il territorio (Napoli, la Campania, il Meridione), sono in grado di far emergere l’autonomismo e la sua intersezionalità come l’orizzonte «a venire» dell’agire politico.