Lavoro

Lo sciopero dei trasporti va. E Salvini minaccia: «È l’ultima volta»

Lo sciopero dei trasporti va. E Salvini minaccia: «È l’ultima volta»Sciopero dei trasporti – Ansa

Lotte sindacali Adesioni al 90%. Il rinnovo del contratto è fermo dal 2023, sul tavolo anche il tema della sicurezza dei lavoratori

Pubblicato 4 giorni faEdizione del 9 novembre 2024

Adesione altissima: media del 90% con picchi del 100% in alcune città. Lo sciopero del trasporto pubblico locale di ieri, che si è aperto con una manifestazione davanti la sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a Roma, è stato partecipatissimo in tutta Italia. La mobilitazione, del resto, era stata convocata da tutte e cinque le sigle del settore: in piazza accanto a Cgil, Cisl e Uil c’erano anche Ugl e Cisal. I lavoratori del trasporto pubblico avevano scioperato già il 9 settembre e prima ancora il 18 luglio. Ieri la mobilitazione è andata oltre, con un blocco generale dei trasporti per 24 ore senza alcuna fascia di garanzia. Una modalità di sciopero a disposizione una sola volta nel corso di una vertenza, e che non veniva praticata da quasi 20 anni. Ieri è stata utilizzata per incalzare il ministro Matteo Salvini sulle due vertenze in corso: il rinnovo del contratto, scaduto nel 2023, e la sicurezza sul lavoro. In piazza anche la segretaria Pd Schlein che attacca: «I lavoratori e i pendolari soffrono i tagli, la disattenzione e l’incompetenza del governo».

«Sappiamo che oggi creiamo dei disagi, e ci scusiamo per questo. Ma il punto non sono i disagi di oggi, sono quelli di tutti gli altri giorni – dice dal palco allestito sotto il Mit Stefano Malorgio, segretario generale della Filt Cgil – La lotta dei lavoratori è la lotta di tutti i cittadini per migliorare un settore fondamentale che è un diritto, e che contribuisce ad avere città migliori e più sostenibili». Senza il trasporto pubblico locale, spiega Malorgio, «la transizione verde non esiste». Secondo i calcoli dei sindacati nel settore mancano almeno 11mila lavoratori, anche perché da tempo le figure professionali dei trasporti non riescono più a essere attrattive per i giovani a causa delle retribuzioni basse e dei turni massacranti, inclusi quelli spezzati nella stessa giornata, che non consentono alcun tipo di equilibrio vita-lavoro. E poi il tema della sicurezza: nel 2022 le denunce per aggressioni erano state 355, una media di quasi una al giorno, senza contare le aggressioni verbali «che sono più del doppio, e feriscono ugualmente» ricorda Matteo Pellegrini della Uil trasporti. Il tema della sicurezza aveva portato già allo sciopero dei ferrovieri lunedì 5 novembre, dopo che un controllore era stato aggredito a Genova.

Una delegazione dalla piazza è stata ricevuta al ministero dal viceministro leghista Edoardo Rixi. Salvini si trovava a Bologna e la sua assenza ha causato l’ironia della piazza: «forse sta ancora a Palermo?», scherza qualcuno. E dal capoluogo emiliano il ministro attacca lo sciopero: «Chi dice di rappresentare i lavoratori ne sta bloccando a milioni». Per poi proseguire con una sentenza ambigua che suona come una minaccia, in bocca al ministro che nel 2023 ha precettato uno sciopero: «dal mio punto di vista è l’ultimo». Un nervosismo comprensibile dato che in piazza c’era anche la Ugl, che guarda a destra, e la Cisal, particolarmente forte nel settore. Proprio una loro delegazione arriva da Genova sotto il ministero mentre dentro i segretari stanno ancora discutendo con il viceministro, portando uno striscione con scritto «Né rossi né neri, siamo solo tranvieri». Dietro di loro la Filt di Genova che ribatte: «Oggi come ieri, rossi e tranvieri».

L’esito dell’incontro è la convocazione di due tavoli, di cui uno anche con gli enti locali, per discutere la vertenza e le soluzioni economiche. Il primo appuntamento è per il 12 novembre alle 18, con anche il ministero delle Finanze. Un risultato che i sindacati descrivono come «positivo ma non soddisfacente, dobbiamo andare avanti con la lotta». Sullo sfondo della mobilitazione rimane il tema dei fondi, nodo imprescindibile sia per il rilancio del trasporto pubblico che per il rinnovo dei contratti. Nella legge di bilancio l’aumento del fondo di finanziamento è di 120 milioni, una cifra ritenuta assolutamente insufficiente da sindacati, associazioni di categoria e opposizioni, che ne avevano chiesti 800. «Le priorità evidentemente sono altre: ponte sullo stretto, hotspot in Albania e armi» dice Tania Assandri della Filt Lombardia. Per il ponte le previsioni di bilancio parlano di 4 miliardi in tre anni, mentre il fondo nazionale ha perso 2 miliardi in dieci anni, passando da 7 a 5, senza considerare l’inflazione. Un definanziamento che mette a repentaglio l’esistenza stessa di un sistema di trasporti pubblici, con lo spettro dell’autonomia differenziata che punirà le regioni più povere. Intanto Salvini risponde ai sindacati che i soldi «li sta cercando». La normalità dei tagli, annunciata dal ministro Giorgetti alla Camera pochi giorni fa, si preannuncia una normalità di privatizzazioni.

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