Lo sciopero dei multisfruttati
Diritti Negati L'interposizione di manodopera, che nel 1960 era stata vietata per legge, resta una realtà per i 600mila addetti delle imprese di pulizia, servizi integrati e multiservizi, in gran parte donne, da sette anni senza contratto. Sono pagati 7 euro lordi l'ora, ma i padroni e le loro centrali - Anip Confindustria, Confcooperative Lavoro e servizi, Legacoop Produzione e Servizi, Unionservizi Confapi e Agci Servizi – chiudono occhi e orecchie. Come la politica.
Diritti Negati L'interposizione di manodopera, che nel 1960 era stata vietata per legge, resta una realtà per i 600mila addetti delle imprese di pulizia, servizi integrati e multiservizi, in gran parte donne, da sette anni senza contratto. Sono pagati 7 euro lordi l'ora, ma i padroni e le loro centrali - Anip Confindustria, Confcooperative Lavoro e servizi, Legacoop Produzione e Servizi, Unionservizi Confapi e Agci Servizi – chiudono occhi e orecchie. Come la politica.
La mobilitazione c’è stata, anche visibile come con il corteo di Genova, ed ha avuto successo. Ma alcuni lavoratori sono talmente disillusi, e bisognosi anche di quel pugno di euro a fine giornata, da non aver scioperato. Mentre tanti altri non hanno potuto farlo perché, paradossalmente, pur con il loro salario irrisorio sono essenziali per il comparto sanitario, che senza di loro andrebbe definitivamente in tilt.
L’interposizione di manodopera, che nel 1960 era stata vietata per legge, resta una nauseante realtà per i 600mila addetti delle imprese di pulizia, servizi integrati e multiservizi, in gran parte donne, vittime della strategia bipartisan di centrodestra e centrosinistra di progressiva esternalizzazione di servizi ritenuti, a torto, non facenti parte del core business di turno. Senza i quali però gli uffici pubblici e privati, la scuole e le università, le fabbriche e gli ospedali, non potrebbero andare avanti.
Eppure, di fronte a un contratto scaduto da ben sette anni, che per giunta fissa una paga oraria di poco più di 7 euro – lordi – per i livelli più bassi, fino a 10 per i pochi “fortunati” del sesto livello, i padroni continuano a non sentire ragioni. E le loro centrali – Anip Confindustria, Confcooperative Lavoro e servizi, Legacoop Produzione e Servizi, Unionservizi Confapi e Agci Servizi – chiudono occhi e orecchie. A tal punto da chiedere che le “loro” aziende non si facciano più carico dei primi tre giorni di malattia, scaricando sull’Inps anche quel periodo.
A fine giornata Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti sono soddisfatte. “La mobilitazione ha registrato una media di adesione superiore al 80%, con punte del 100% in alcune realtà industriali e di impresa al netto dei precettati, così come nelle scuole e negli uffici pubblici. Alta partecipazione anche nelle attività essenziali in sanità e negli ospedali, dove i lavoratori hanno assicurato le prestazioni indispensabili, pur condividendo le motivazioni dello sciopero”.
Alla denuncia dei sindacati “dell’atteggiamento dilatorio delle associazioni imprenditoriali”, andrebbe aggiunta quella della politica che, come osserva Rifondazione, “ha creato artificialmente un settore privato che, tra l’altro, alimenta corruzione e clientelismo”. Creando, nel pubblico, una grande categoria di lavoratori e lavoratrici di serie B, con meno diritti, salario e tutele.
Il tutto con l’immancabile massimo ribasso nelle gare, tale da rendere ancor più insopportabile il lavoro di chi ad esempio, in primavera, veniva mandato al macello negli ospedali gonfi di Covid, da “sanificare” con Dpi ridicoli. Sotto gli occhi di medici e infermieri che hanno anche protestato, ben consci del rischio cui erano costretti gli addetti e le addette alle pulizie.
“Ricordiamo che le stesse norme nazionali e i commissariamenti – chiude il Prc – obbligano da anni a spendere acquistando servizi all’esterno, mentre limitano le assunzioni di personale”. In un corto circuito infernale che la pandemia ha reso ancora più visibile.
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