C’è brusio sul molo di un cantiere navale della Giudecca – un centinaio di persone chiacchierano ai tavoli disposti sulla darsena. Altri aspettano di ordinare da mangiare allo stand gestito da Marco Bravetti ed il suo collettivo Tocia, un «laboratorio di cucina e sperimentazione» dedicato a inattese contaminazioni fra tradizione e influenze globali. Soprattutto aspettano tutti di imbarcarsi sulle barche storiche che al segnale dato trasbordano gli ospiti dal molo alla piattaforma ancorata a 100 metri dalla riva: il Cinema Galleggiante.

La terza edizione della rassegna si è tenuta durante la Mostra del cinema, tra fine agosto e inizio settembre. Una sorta di controfestival anche se la concomitanza è casuale e le sovrapposizioni solo occasionali (come la comparsa fra il pubblico di un incuriosito Darren Aronovsky che era al Lido per presentare The Whale). Più che red carpet la vibe è da centro sociale in questo luogo affacciato sulla riva dell’isola con in lontananza le spire industriali di Marghera che si ergono «come una Gotham City» mi fa notare Alice Sartori, parte del collettivo Microclima e organizzatrice con Alessandra Messali della rassegna ideata da Paolo Rosso, ed Edoardo Aruta.

L’intento è fluttuante e multisensoriale, aggiunge, «volto a ribaltare la prospettiva.» Intanto trasponendo proiezioni e spettatori fisicamente sulle acque della laguna veneziana. Poi destabilizzando, oltre che all’equilibrio, anche le aspettative del pubblico con una programmazione obliqua, spiazzante e sorprendente che ha mescolato cinema d’arte e d’autore, sperimentale, narrativo e doc, grazie alla ampia rete di collegamenti con istituzioni come il museo del cinema di Torino, il Luce, la collezione Peggy Guggenheim, MOMA e molti altri.

Fra le offerte delle 12 serate organizzate quest’anno c’è stata La Ricotta di Pasolini e Non toccare la donna bianca di Ferreri. Un classio come Tempi moderni di Chaplin proiettato in 35 mm. E un oggetto raro come La Guerra e il sogno di Momi, film muto del 1917 – ed il primo film italiano ad avere fatto uso di animazione – accompagnato da un set dal vivo di DJ Gruff. Poi ancora frammenti di cinegiornali e opere collegate alla città lagunare, d’archivio come Venezia minore di Francesco Pasinetti (1942) o contemporanee come l’anteprima di El Caegher (2022) di Giuseppe Asaro regista venezianoche vive a LA. E ancora film oggetti sperimentali come Turtle Dreams di Meredith Monk e Robert Withers o inediti come Il Minareto della morte – il primo film muto nella storia de cinema uzbeko accompagnato da 2 musicisti su strumenti tradizionali.

Tutto per un’«isola dei sogni» che rimanda alle isole con destinazione d’uso, tradizionali nella laguna (dal lazzaretto al cimitero, orti e conventi…) ed ha un’ideale assonanza anche con le radio pirata in acque internazionali e le comunità utopiche offshore. Un programma «fluttuante» in ogni senso in un contesto in cui lo schermo si allarga alla laguna ed il cielo circostante a volte contornato da tempeste in lontananza o luci di battelli che navigano nell’oscurità….

Alice Sartori ci parla della manifestazione: «Il sottotitolo di Cinema Galleggiante quest’anno era «acque sconosciute,» perché ci interessava– con la scusa del cinema – creare o dare l’impeto a stimolare un’utopia sociale, un ribaltamento di prospettiva anche per portare nella quotidianità un momento di sorpresa di stupore e di eccezionale. Il Cinema Galleggiante è tutto in acqua, schermo in acqua, proiettore in acqua… cosicché si è completamente in balia di un altro elemento.. Tante persone non hanno mai preso una di queste barche a remi – l’equilibrio cambia, cambia la visione, questo è stato il punto di partenza.

Quando avete iniziato?
L’idea è partita nel 2019 e proprio nella forma che stiamo facendo quest’anno cioè di una rassegna di film legati all’onirico in un paesaggio di per sé onirico, su questa piattaforma che galleggia con queste luci riflesse sull’acqua….con uno schermo, se vogliamo, «imperfetto» perché anche lui in balia del vento dell’atmosfera. Una delle sere è stata molto emozionante abbiamo avuto un temporale all’orizzonte, i lampi che ci minacciavano, un vento fortissimo e questa scena della piattaforma con lo schermo che era quasi trasformata in vela di una zattera…

Quanto è grande il vostro cinema?
Ogni anno ci siamo ingranditi e lo schermo oggi è 12×6 m. Eravamo partiti con la metà. Abbiamo una cabina di regia dietro lo schermo e riusciamo ad ospitare 180 persone che trasportiamo sulla piattaforma, poi abbiamo un a serie di ancoraggi per fino a 40 barche quindi altre 400 persone. Quest’anno abbiamo fatto sold-out ogni sera. Poi abbiamo l’area a terra con il bar ristorante e ingresso gratuito dato che il cinema è anche una scusa per ritrovare una socialità. Poi la nostra programmazione molto varia che va da lungometraggi, film muti, film d’artista, concerti, performance teatrali, ci teniamo a rimanere eterogenei nei contenuti nella coscienza che non a tutti piace tutto.

Come avete scelto il tema?
Il primo anno era dedicato alle «acque sconosciute», in quello successivo il tema era il viaggio. Dato che non si poteva ancora viaggiare volevamo immaginare viaggi interiori esteriori, incontri, migrazioni. Quest’anno invece siamo tornati al tema originale dell’onirico e dell’allucinatorio, del surreale, che poi per puro caso si è legato anche alla mostra su realismo e magia della fondazione Peggy Guggenheim o alla mostra della biennale d’arte curata da Cecilia Leman. Questo sentimento di riscoperta dell’onirico un po’ aleggia quest’anno.

Come reagisce il pubblico?
Ovviamente ci sono state soprattutto all’inizio cose a cui ci si è dovuti abituare. Alcune persone ci guardavano e ci chiedevano: ‘ma mi portate li?’…dato che bisogna lasciarsi dietro la terra ed avventurarsi in acqua quindi alcuni hanno uno straniamento. Noi ovviamente garantiamo un traghettamento costante, non «rapiamo» nessuno per 2 ore….Nonostante questo le reazioni delle persone sono state tutte positive. Questa sensazione di immergersi in una nuova dimensione esalta e stupisce ma in senso positivo.