Lo schermo di Zawya accende il cuore del Cairo
Metropoli Film, musica, nuovi locali, le trasformazioni del paesaggio urbano dopo le rivolte del 2011
Metropoli Film, musica, nuovi locali, le trasformazioni del paesaggio urbano dopo le rivolte del 2011
«Come è cambiato il centro del Cairo», osserva Mustafa guardando l’affollata via Talaat Harb, che divide in due il cuore antico della metropoli egiziana dalla piazza omonima fino a via 26 Luglio. Anche piazza Tahrir sta cambiando aspetto dopo l’elezione di Abdel Fattah al-Sisi. I palazzi, che si affacciano sulla piazza, abitati da egiziani o stranieri benestanti, sono tappezzati di pubblicità che coprono le impalcature per i lavori di ristrutturazione delle facciate di questi edifici dei primi del Novecento. E così il Mogamma, il palazzo delle amministrazioni pubbliche, per mesi nel mirino dei laser psichedelici di giovani ultras e attivisti, è ora coperto di un bianco che sembra finto agli occhi di chi è abituato al grigio dell’edificio che racchiude i più complicati gangli della burocrazia egiziana.
Ma nella nostalgia di Mustafa c’è qualcosa di vero. La via, dedicata nel 1954 all’economista Talaat Harb, è irriconoscibile. Molti giovani svantaggiati hanno trasferito il loro pathos rivoluzionario nella più lucrativa arte della vendita di vestiti. E così si sentono le urla strazianti di giovanissimi che, dall’alto di disordinate bancarelle, occupano entrambi i lati della strada, rendendo impossibile il passaggio a vetture e passanti. Chi passa per via Talaat Harb, dove sorge anche il Palazzo Yakoubian di Alaa Al-Aswany, è ora aggredito dai loro schiamazzi aggressivi, dal lancio di vesti alla rinfusa.
Ma il nuovo volto del centro del Cairo, su via Sherif, è riscritto da stranieri che hanno deciso di fare del Cairo la loro seconda patria. E così una giovane americana ha aperto il bar Kaffein. Esclusivamente arredato con i mobili dell’Ikea di Tagammu al-Qamis (periferia residenziale del Cairo). «È stracolma di ricchi egiziani perché i prezzi sono altissimi per gli standard del paese», ci dice la donna mentre fa rientro nel bar con le borse dell’Ikea. E così la multinazionale del mobile, sbarcata in Egitto, è qui simbolo di opulenza più che di omologazione.
Tra l’altro non si contano gli svedesi che hanno aperto ristoranti in piazza Tahrir o le statunitensi intenzionate a cambiare cittadinanza per un amore fugace con un egiziano. Oltre alle birrerie del centro (da Cap d’Or a Horreya, da Stella al club greco di piazza Talaat Harb e piazza Ramsis), alle terrazze dei grandi alberghi (Carlton e Happy City per tutti) sono tanti i luoghi del centro riportati in vita dalle rivolte. A partire dal cinema Radio fino ai night club per danza del ventre che hanno ospitato il Festival D-Caf la scorsa primavera. E, tra questi, una vera e propria perla rara: il cinema Zawya, alle spalle del cinema Odeon. La minuscola sala, gestita dalla famiglia del più grande cineasta egiziano, scomparso nel 2008, Youssef Chahine, regista di Caos e Bab al Hadid, ospita le pellicole del vecchio cinema egiziano che sembrano tornate a nuova vita dopo il forzato laicismo imposto dall’esercito.
A West el-Balad non manca la buona musica. Se il Makan, la piccola sala a due passi di piazza Lazogli, continua a mietere successi con la musica e le voci della musica sudanese, tra cui spicca il tono penetrante di Sheikh Zain.
Nel minuscolo vicolo all’incrocio tra via Mohammed Mahmud e via Farid, dove continua il via vai dal venditore di succhi freschi e canna da zucchero, fervono i preparativi per le danze nubiane. Nel piccolo teatro al Dammah, il centro Mastaba si esibiscono i Nuba Nour. Vengono introdotte giovani donne dai vestiti colorati che danzano ascoltando le parole e i suoni di giovani musicisti vestiti di bianco. Il ballo diventa all’improvviso vorticoso insieme al ritmo del canto in dialetto nubiano.
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