Se qualcuno ci chiedesse di che cosa parliamo quando parliamo di «capitale algoritmico» con ogni probabilità gli faremmo vedere un’immagine di Jeff Bezos o di Mark Zuckerberg. E sarebbe un gesto molto ragionevole. Ma non solo nel senso che gli algoritmi sono in grado di produrre immani profitti sfruttando una forza-lavoro erogata gratuitamente dagli inconsapevoli (almeno fino a ieri) utenti «profilati» e «datificati» (è il cosiddetto capitalismo «cognitivo»). Il gesto sarebbe ragionevole, spiega Ruggero Eugeni nel suo libro importante e innovativo (Il capitale algoritmico, Scholé, pp. 336, euro 21), anche perché abbiamo messo mano a una «immagine». E aggiungerebbe che...