Lo scampato pericolo non revoca la crisi politica
Quirinale La verità è che lo scampato pericolo non revoca una crisi che resta grave. Il fallimento dei partiti e delle leadership è incontrovertibile. Salvini e Conte hanno dimostrato di non essere dei leader politici.
Quirinale La verità è che lo scampato pericolo non revoca una crisi che resta grave. Il fallimento dei partiti e delle leadership è incontrovertibile. Salvini e Conte hanno dimostrato di non essere dei leader politici.
Quella fra venerdì 28 e sabato 29 gennaio è stata una nottata particolare. Posata la polvere, i libri di storia politica ci dovranno tornare su, ma da subito la coscienza del Paese. Se negli Stati Uniti il gennaio 2021 è stato drammatico con l’assalto a Capitol Hill, un anno dopo anche il Parlamento e la democrazia italiana se la sono vista brutta. In America hanno avuto le corna dello stregone in Parlamento, noi abbiamo visto le streghe.
È nella notte delle streghe infatti, come scrive Thomas Mann nella Montagna incantata, che “il monte è pazzo di magia”, cioè gli spiriti maligni varcano la soglia fra il loro mondo e il nostro. È successo sulla collina di Washington, ma il sortilegio ha lambito anche il nostro colle più alto.
Aver individuato e contrastato spiriti e follie ha dato lustro ad un pezzo di classe politica.
Mi riferisco all’opera di resistenza democratica ad una candidatura alla presidenza della Repubblica giustamente definita di destra e improponibile, per giunta avanzata da una maggioranza inedita e inaudita fra Conte, Salvini e Meloni, con la condiscendenza di Letta (perché sul nome Belloni, quell’accondiscendenza c’è stata). Aver evitato questo esito è stato un bene per la democrazia, per la Costituzione, la dignità stessa del Parlamento. A pensarci persino il governo in carica ne beneficia (per quanto Draghi lo si possa immaginare non entusiasta).
Complimenti a chi quella notte ha dato l’allarme, si è battuto ed ha aperto la strada al Mattarella bis, soluzione certamente la migliore. Perché rappresenta un punto di tenuta democratica, costituzionale, parlamentare, politica.
Bisogna dar atto che Renzi ha avuto coraggio. Ha fatto quello che era necessario, ci ha messo la faccia, la forza con cui ha denunciato il pericolo per una democrazia che sceglie il capo dei servizi segreti come Presidente gli fa onore (meno la candidatura Casini). E non si dica che sarebbe stata la prima Presidente donna, perché anche Casellati lo sarebbe stata, ma da seconda carica dello Stato.
Persino i centristi e settori non banali di Forza Italia hanno maturato dei meriti. Per quello invece che ci riguarda più da vicino, mentre non ho capito la candidatura Manconi, si sono portati bene gli esponenti di Leu (De Petris, Laforgia) attivamente favorevoli a Mattarella, lo stesso dicasi di certi settori del Pd: la destra dei renziani, la sinistra dei “Giovani Turchi”, l’area più solidamente democratica (Zanda più di Franceschini). Letta al solito passivo e di risulta. Aveva prima puntato su Draghi, considerato possibile Belloni, aleatorio su Amato, schivato Casini, solo alla fine ha scoperto la “saggezza” del Parlamento. Che è sempre quella della democrazia. Ma che ha dovuto imporsi da sola, ha dovuto trovare dentro di sé la forza, senza la sponda di un centro ed una sinistra adeguati. Ma se il centro-sinistra non fa questo, che fa? Bisognava attivarsi da subito, non alla fine, operando per evitare che si giungesse ad un punto critico.
La verità è che lo scampato pericolo non revoca una crisi che resta grave. Il fallimento dei partiti e delle leadership è incontrovertibile. Salvini e Conte hanno dimostrato di non essere dei leader politici. Non hanno visione, capacità, spessore, intelligenza né tattica, né strategica. Anche la Meloni pagherà il suo voto contrario alla rielezione del candidato migliore, non solo per la classe politica, ma per il Paese. Il “patriota” al Colle è Mattarella. E patriottismo costituzionale questo oggi significa.
E la sinistra? Se il Parlamento ha ritrovato una interstiziale centralità e dignità di ruolo, non lo stesso per le soggettività politiche. E il tutto impatta sulla tenuta del sistema democratico. Quello che è accaduto è accaduto perché il quadro era da tempo compromesso.
Gli stessi che hanno fallito sono i responsabili del fallimento. Massimo Villone sul manifesto ha parlato di “stato semi-comatoso dei partiti”, ma addirittura, scrive Norma Rangeri, “la sinistra politica non c’è, va ricostruita dalle fondamenta”. E questa non è un’altra storia.
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