Sei Putin, vuoi mettere insieme un esercito di mercenari e ti serve qualcuno a cui intestarlo, quindi cerchi tra i tuoi collaboratori più stretti: il maggiordomo? sempre troppo sospetto; il giardiniere? troppo delicato; l’idraulico? troppo occupato; il cuoco? in effetti quello avrebbe il profilo giusto anche se ogni tanto qualche assaggiatore ti finisce al creatore; ma Prigozhin riesce sempre a dar la colpa ai fornitori col risultato che le galere siberiane sono piene di salumieri, panettieri, macellai e fruttivendoli moscoviti. Quindi via libera a Prigozhin con l’elmetto, che però in cuor suo non ha mai smesso il cappello da cuoco: così in Crimea nel 2014 con migliaia di ingordi filoccidentali morti per indigestione e l’anno dopo in Siria con miliziani dell’Isis morti a frotte per dissenteria.

Ci sta. Più controversa la brutta fine di migliaia di civili siriani finiti al camposanto dopo vaste operazioni di catering perpetrate da Prigozhin contro scuole e ospedali. Di lì in Africa dove un po’ il deserto che avanza, un po’ i francesi che retrocedono, pur di mettere insieme il pranzo con la cena i locali mangerebbero qualunque sbobba pagando a Prigozhin il conto in natura, tipo licenze per sfruttare miniere, foreste, diamanti e terre rare. Poi rieccolo in Donbass, dove il cuoco di Putin si mostra in divisa ma a telecamere spente si rimette la parannanza perché il nemico avrà pure i Patriot americani e i Leopard tedeschi, ma quando si fa ora di cena a servire a tavola è sempre lui. Insomma, Prigozhin va ormai come un treno di soli vagoni-ristorante quando quell’invidioso di Shoigu che non distingue un gulash da un gulag ottiene da Putin di rilevargli l’attività. Apriti cielo! Il cuoco marcia su Mosca per portare a quei due una bella merenda a domicilio, ma a 200 chilometri la colonna col take-away si blocca perchè Lukascenko – a sua volta ottima forchetta – lo convince a lasciar perdere per aprire piuttosto una trattoria a Minsk. E al fronte? Adesso chi cucinerà per gli ucraini che avanzano affamati visto che i giovani russi pur di non mettersi ai fornelli nelle trincee si sparerebbero in un piede? Bè, c’è chi riferisce che nelle stanze del Cremlino già si diffonda un aroma d’agnello allo spiedo con aglio selvatico, ortica, timo e coriandolo… ma non è il piatto nazionale ceceno? E già. E quello in cucina dietro a un bancone che affila lunghi coltelli con le mani che grondano sangue, non è lo chef stellato Ramzan Kadyrov?
C’è chi lo da per certo.