Siamo addolorati» dice Miriam Giovanzana. È questo il sentimento prevalente, alla vigilia dell’edizione 2023 di Fa’ la cosa giusta!, spiega la giornalista, direttore editoriale di Terre di mezzo, l’organizzatore della fiera. Dolore a cui si accompagna una profonda incertezza, a cui anche la manifestazione milanese prova a rispondere con parole di speranza.

A quasi vent’anni dalla prima edizione come legge il mondo intorno a voi?

Stiamo passando da una crisi all’altra e non è nemmeno detto che quelle di cui siamo più consapevoli siano le più gravi. C’è la crisi ambientale e un riscaldamento globale che ormai morde davvero ovunque, anche tra i Paesi ricchi del Nord dove ne facciamo esperienza con la siccità estrema. Veniamo da un anno di guerra e viviamo, a dir il vero, in un tempo di guerra: in questi giorni di marzo facciamo memoria del grande movimento pacifista di vent’anni fa, sto rileggendo tanti articoli e mette davvero i brividi e commozione ricordare il blocco dei treni o centinaia di migliaia di persone che siamo (non è un errore di battitura, è una scelta di partecipazione) scese in piazza per evitare derive ed errori tremendi. In tutto questo, portiamo anche il dolore di questi due anni di pandemia, di una incertezza che ci ha colpiti tutti.

Qual è la risposta della fiera di fronte a questo quadro?

Con una grande sete di speranza e di gioia: abbiamo bisogno di ritrovare i motivi per sperare ed essere felici. Questo è il senso di questa edizione della fiera, che mette al centro la relazione: ci sembra che si possa aprire una stagione nuova in cui si possa riprendere a lavorare insieme coinvolgendo tante realtà, partner storici e non solo, rinnovando cammini di lunga data. Dobbiamo tornare a trovare le ragioni per stimarci gli uni gli altri, e questo è un po’ forse il tratto della stagione che siamo vivendo. Ritrovarsi è una gioia, una promessa reciproca di un nuovo impegno, attenti ai segni di speranza. Viviamo una stagione in cui la partecipazione politica è fragile e però anche lì ci sono segni di nuove passioni tra i giovani: lavoriamo per costruire un patto tra generazioni, una rinnovata alleanza, tra dolore e speranza.

Uno dei temi attorno ai quali è nata FLCG è il consumo critico, un movimento che ha più di trent’anni: a che punto siamo?

Mi sembra che siamo tutti più consapevoli e più informati, resta però la radice di una contraddizione, che è quella del consumo. Aumentando le quantità consumate, anche di prodotti sostenibili, le contraddizioni sono dietro l’angolo. Dobbiamo tornare a frequentare uno dei claim storici della fiera: consumare meno, consumare meglio. Credo che la radice sia lì: viviamo in un mondo che ha teorizzato l’idea che il benessere passa attraverso la crescita e noi dobbiamo tornare a dirci che il benessere è legato alla qualità delle relazioni, che siano di prossimità o anche con chi è più lontano, con gli animali e con il mondo della Natura. Al centro deve tornare il tema della giustizia: il cibo di qualità non può diventare sempre più costoso.

Questo messaggio riguarda anche le certificazioni, a partire da quella legata all’agricoltura biologica, ormai pienamente atterrata anche tra gli scaffali della grande distribuzione organizzata.

Disponiamo di pratiche agricole senz’altro migliori di altre e l’agricoltura biologico ha una sua sostenibilità, ma continuare a produrre e sprecare è il grande problema che abbiamo di fronte. Dobbiamo tornare a cercare la verità delle cose che ci diciamo. È un tema che in fiera affrontiamo con l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, e lo scrittore Erri De Luca. Dialogherò con loro sulla corruzione delle parole: viviamo in una società corrotta, è la tesi, perché le parole che usiamo sono slegate dal senso reale. Dobbiamo tornare a dirci parole di verità. La pratica della menzogna ci ha corrotto. Tornare a praticare la verità delle cose che diciamo significa chiederci che cos’è biologico? Che cos’è sostenibilità? Perché parole logore diventano un territorio di conquista per chiunque.

Un altro tema che arriva con forza in fiera è quello delle disuguaglianze.

Ospitiamo per la prima volta i Social Cohesion Days, uno spazio di riflessione alta per parlare di welfare, giustizia sociale, sanità. È significativo portare questo momento all’interno di una manifestazione che è per tutti. Si tratta di una nuova collaborazione che forse segna un tema che percorreremo ancora nei prossimi anni. Abbiamo bisogno di coltivare le responsabilità personali e quelle collettiva, ma anche di ragionare insieme di politica e di istituzioni. Il dolore che abbiamo vissuto oggi ci pone con responsabilità l’esigenza di usare al meglio le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, un’opportunità importante anche se gli sprechi sono dietro l’angolo.