Livorno, giovane tunisino in fuga dalla polizia muore annegato nel fiume
Il caso Fares Shgater aveva 25 anni. Dal giorno della morte parenti, amici e solidali protestano nella città toscana
Il caso Fares Shgater aveva 25 anni. Dal giorno della morte parenti, amici e solidali protestano nella città toscana
Fares Shgater aveva 25 anni era nato ad Ariana in Tunisia e abitava a Livorno. Nella notte tra il 24 e il 25 aprile è morto nel corso di un controllo di polizia. Il suo corpo è stato ritrovato dai Vigili del Fuoco a circa quattro metri di profondità nel Fosso Reale, lo specchio d’acqua di fronte alla Fortezza Nuova, a sei metri dall’ingresso del Voltone, la via d’acqua che passa sotto Piazza della Repubblica. Intorno alle 23:30 una pattuglia della polizia avrebbe provato a fermare Fares nell’area tra Piazza della Repubblica e Piazza Garibaldi.
Non è chiaro in che maniera sia finito nell’acqua, ma ad ogni modo non ne è uscito vivo. Sul momento erano intervenuti anche due militari della Folgore in servizio per l’operazione strade sicure. Secondo la stampa locale senza calarsi in acqua gli agenti e i militari avrebbero cercato il giovane con delle torce, per poi chiamare i soccorsi.
Dal giorno successivo gli amici di Fares si ritrovano sulla spalletta che si affaccia sul Fosso Reale proprio nel punto in cui è stato rinvenuto il suo corpo. Questo è diventato un luogo di memoria, di dolore, ma anche di aggregazione e confronto di fronte alla rabbia per la morte di un amico. Sono state tese delle corde tra i lampioni per appendere foto e messaggi di affetto per Fares, oltre ad alcuni striscioni che in arabo e in italiano chiedono giustizia “Stop alla violenza e al silenzio”. Sul muretto sono comparsi ceri e candele, e si legge a caratteri neri “Giustizia per Fares” e “Basta razzismo!”.
La foto di Fares Shgater in piazza, foto di Giacomo Sini
Alle 15 del 26 aprile tanti ragazzi originari della Tunisia si sono dati ritrovo in quel punto. Hanno tanta voglia di parlare e raccontano di precedenti episodi di violenza durante i controlli di polizia “nel 2013 mi hanno gettato nell’acqua i poliziotti”, racconta uno dei presenti. Altre voci riportano simili storie di minacce e violenza. “Non si può morire così, siamo tutti uguali, non importa se sei straniero o se commetti dei reati” dice una ragazza. In Piazza della Repubblica ci sono due camionette della polizia e numerosi agenti.
Med Amine è cresciuto insieme a Fares, sono arrivati qua insieme, sono come fratelli. “Vogliamo sapere cosa è successo. Non si può morire così. Fares aveva il permesso di soggiorno di sei mesi, tra poco avrebbe avuto un lavoro, non gli hanno trovato addosso droga o altro. Se scappava è perché noi tunisini abbiamo sempre paura dei controlli, paura della polizia, paura di essere rimpatriati per un qualsiasi motivo, dopo tutto quello che abbiamo passato per arrivare qua”. Il 27 aprile, dice Med, “il nostro avvocato dovrebbe incontrare il magistrato per chiedere le riprese delle telecamere della zona e vedere cosa è successo davvero”.
Alle 17 gli amici di Fares si mossi verso la questura con un piccolo e rumoroso corteo, aggirando i blocchi della polizia. In piazza erano presenti anche molti solidali, abitanti del quartiere, membri di altre comunità straniere, associazioni e collettivi. Una delegazione è stata ricevuta dal questore, che si è limitato a dire, secondo i presenti, che si aspetta il lavoro della magistratura. La Procura di Livorno ha infatti aperto un fascicolo sul caso.
Gli amici di Fares e i solidali attendono chiarezza sul caso e comunque ribadiscono che non si può morire in questo modo, e chiedono che la vicenda di Fares non finisca nel silenzio.
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