Lituania troppo vicina a Taiwan. E Pechino richiama l’ambasciatore
Pechino-Vilnius-Taipei Lo scorso marzo, Villnius ha annunciato l'apertura entro l'anno di un ufficio di rappresentanza commerciale a Taipei
Pechino-Vilnius-Taipei Lo scorso marzo, Villnius ha annunciato l'apertura entro l'anno di un ufficio di rappresentanza commerciale a Taipei
Nella consueta disputa tra Cina e Taiwan si è aggiunta anche la Lituania. Pechino ha richiamato Shen Zhifei, il suo ambasciatore a Villnius, e ha invitato il paese baltico a fare lo stesso con il suo inviato Diana Mickeviciene. Il tutto al culmine di una contesa politica che riflette una tendenza più ampia e che rischia di aprire uno squarcio nella diplomazia cinese in Europa nord orientale. Non si tratta di un litigio improvviso.
Da diversi mesi la Lituania è protagonista di un avvicinamento a Taiwan, la cui indipendenza in Europa è riconosciuta ufficialmente solo dalla Santa Sede. Lo scorso marzo, Villnius ha annunciato l’apertura entro l’anno di un ufficio di rappresentanza commerciale a Taipei, che a luglio ha comunicato lo stabilimento di una sede in territorio lituano che conterrà il nome “Taiwan”. Elemento di discontinuità con gli altri uffici di rappresentanza presenti nei paesi coi quali Taipei non intrattiene rapporti diplomatici ufficiali. Si tratterà di un’ambasciata de facto la cui apertura è stata incoraggiata dagli Stati Uniti. Pechino la ritiene una violazione del principio dell’unica Cina e ha minacciato l’interruzione delle relazioni bilaterali.
A febbraio, pressioni simili avevano convinto la Guyana a revocare il permesso di aprire una sede di rappresentanza taiwanese. Ma il governo lituano ha fatto sapere che intende continuare a sviluppare le relazioni con Taiwan, pur “rispettando il principio dell’unica Cina”. Un rapporto che coinvolge anche l’ambito sanitario: la Lituania appoggia la riammissione di Taipei all’Oms, dopo aver ricevuto circa 100mila mascherine durante la prima ondata di Covid-19. Gesto ricambiato poche settimane fa con l’invio di 20mila dosi di vaccino AstraZeneca. La decisione dell’intervento di Pechino cela la volontà di dissuadere possibili emulatori della Lituania, individuato come “agente disturbatore” della regione. Villnius ha di recente abbandonato il 17+1, il meccanismo che riunisce la Cina e 16 paesi dell’Europa nord orientale, citando come motivazione gli scarsi benefici commerciali. Nell’ultimo decennio le esportazioni lituane in Cina sono aumentate, passando dagli 81 milioni di dollari del 2011 ai 357 del 2020. Ma si tratta di cifre basse e la Cina rappresenta solo il 22esimo mercato di esportazione di prodotti lituani.
La Lituania ha invece importato beni cinesi per 1,8 miliardi di dollari: valore triplicato rispetto ai 629 milioni di 10 anni fa. Lo scorso ottobre 11 paesi dell’area hanno denunciato all’Onu la repressione di Hong Kong. Molti di loro hanno aderito alla Clean Network Initiative di Washington e la regione si è chiusa alla presenza degli attori cinesi nello sviluppo del 5G. Anche Repubblica Ceca e Slovacchia, nel frattempo, inviano vaccini a Taiwan. La diplomazia del vaccino non ha risollevato un rapporto che appare in fase calante, eccetto i casi di Serbia e Ungheria. L’Europa centro-orientale doveva essere la porta della Cina per il resto del continente. E invece rischia di diventare, almeno in parte, un primo muro.
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