Nella storia del ‘900 c’è un filo rosso che parte dall’antifascismo, si rafforza durante la Resistenza, passa per la scrittura della Costituzione repubblicana, attraversa i movimentati anni ‘60-‘70, arriva fino alla conclusione della Guerra fredda, tenendo insieme cristiani e comunisti nella ricerca di un terreno comune di incontro e di impegno per una società giusta e pacifica.

E SE DA UNA PARTE i comunisti hanno dovuto superare diffidenze verso un mondo cattolico erroneamente considerato come un unico blocco monolitico reazionario, dall’altra le «avanguardie cristiane» hanno dovuto fare i conti con le scomuniche delle gerarchie ecclesiastiche contro tutti coloro che intrattenevano rapporti con il nemico rosso e resistere a chi li bollava come «comunistelli di sacrestia». Mario Gozzini (1920-1999), intellettuale cattolico e senatore comunista indipendente, rappresenta al meglio questa storia di dialogo e di collaborazione, di cui è stato protagonista, insieme ad altri compagni di viaggio «eretici». Di Gozzini esce ora la prima biografia – al tempo stesso documentatissima e leggibile come un bel romanzo -, curata dallo storico Giambattista Scirè, grazie alla quale si ricostruisce anche un pezzo importante della storia del secolo scorso (L’uomo del dialogo. Mario Gozzini oltre gli steccati fra cristianesimo e comunismo, Marietti1820, pp. 276, euro 26).

Nato a Firenze, Gozzini si laurea in lettere, frequenta gli ambienti delle riviste culturali fiorentine come Frontespizio e intellettuali come il prete antifascista scomunicato Ernesto Buonaiuti. Negli anni ‘50 si avvicina a preti di frontiera come Mazzolari, Turoldo, Balducci, Barsotti e Bartoletti e a democristiani di sinistra come Dossetti, La Pira e Pistelli, convincendosi che la Dc è irriformabile. Intanto Roncalli, diventato papa con il nome di Giovanni XXIII, convoca il Concilio Vaticano II, su cui Gozzini scrive un libro (Concilio aperto, 1962) che ha un grande successo editoriale e «traduce» il Concilio per i non addetti ai lavori.

Iniziano a cadere gli steccati: il Pci al X congresso (1962) riconosce che la fede non è un ostacolo alla costruzione del socialismo, Togliatti a Bergamo (1963) chiama i cattolici alla collaborazione su alcuni temi, Giovanni XXIII scrive la Pacem in Terris (1963) e apre al confronto con i comunisti.

GOZZINI coglie i «segni dei tempi» e pubblica con Vallecchi Il dialogo alla prova (1964), libro in cui si avvicendano interventi di intellettuali cattolici e comunisti che spalanca le porte al dialogo e getta le basi per una futura collaborazione. Che si realizza, a livello politico, nel 1976, quando Gozzini, insieme ad altri cinque cattolici (fra cui Raniero La Valle) e al pastore valdese Tullio Vinay, accetta la candidatura al Senato come indipendente nel Pci. Un’operazione politica che rende manifesta la fine dell’unità politica dei cattolici nella Dc, anticipata dai «cattolici per il no» al referendum sul divorzio del 1974.

Nelle sue tre legislature nel gruppo della Sinistra indipendente (1976-1987), Gozzini sostiene alcune importanti leggi – dalla 194 sull’aborto alla 180 che chiude i manicomi – e soprattutto firma la riforma delle carceri. Sciolti la Sinistra indipendente e anche il Pci, a cui rimprovera l’abbandono della «carica utopica» e l’appiattimento sulla «civiltà occidentale», si chiude per Gozzini l’esperienza politica, ma non l’impegno per il dialogo di chi, per usare l’efficace espressione di Alfonso Comín (leader dei Cristiani per il socialismo in Spagna) è stato «cristiano nel partito e comunista nella chiesa».