Cultura

«Literal», gli indipendenti si incontrano a Barcellona

«Literal», gli indipendenti si incontrano a Barcellona

FIERE Nella capitale catalana la terza edizione dell’editoria piccola e di qualità

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 18 maggio 2017

«La letteratura è un campo di battaglia» in cui i diversi immaginari delle classi sociali si contendono potere ed egemonia. E proprio per questo le idee e la produzione culturale di ambito radicale e critico hanno bisogno di essere resi visibili e di essere raccontati al grande pubblico.

È con questa idea che, nel 2015, è nato a Barcellona il progetto di una «Fiera di idee e libri radicali». Literal, questo il nome, ha appena concluso la terza edizione all’Atenu L’Harmonia, un centro culturale autogestito e assegnato nel quartiere popolare di Sant Andreu, nella parte nord di Barcellona.

ORGANIZZATA per iniziativa di quattro editori catalani (Tigre de Paper, Pollen, Bellaterra e Icaria), il criterio di selezione è sempre duplice: gli editori partecipanti non soltanto devono essere indipendenti, ma anche radicali, ossia devono proporre contenuti chiaramente connotati a sinistra. Del resto, anche il programma di quest’anno non lasciava spazio a tentennamenti (gli ospiti di punta, l’economista Guy Standing e Leila Khaled, militante storica del Flp palestinese).

Simón Vázquez, classe 1988, editore della casa editrice Tigre De Paper e tra i principali organizzatori della fiera, ci ha raccontato la traiettoria del progetto: «la prima edizione di Literal è stata completamente autogestita, senza contributi di alcun tipo, perché volevamo dimostrare a noi stessi e alla città che eravamo in grado di organizzare un’iniziativa come questa».

INIZIATIVA che, peraltro, si inserisce in contesto molto particolare: Barcellona è la capitale del libro (la maggior parte degli editori hanno sede lì, incluso il gruppo Planeta, il più grande di Spagna e con partecipazioni in America Latina anche) ma non ha una fiera propria, esclusa quella della settimana del libro catalano.
Dopo il successo del primo anno, gli organizzatori hanno potuto chiedere al Comune (nel frattempo conquistato da Barcelona en Comú di Ada Colau) di finanziare una parte dell’iniziativa, arrivando progressivamente a 12mila euro di sovvenzioni per l’ultima edizione.

Il modello prosegue Simón Vázquez, è stato preso nientemeno che da una fiera che da anni si svolge in Cile (la «Furia del libro») e che ha saputo dare una forma ufficiale di salone al vasto e variegato mondo delle produzioni editoriali radicali latinoamericane: «Literal vuole essere come una «Furia del libro» ma a Barcellona, città che meritava un’iniziativa come la nostra per due ragioni, perché è la capitale dell’editoria di lingua catalana e spagnola ma anche la città dove sono scoppiate importanti rivolte politiche e dove sono in corso processi radicali molto significativi», primo fra tutti la causa dell’indipendentismo.

L’OBIETTIVO DICHIARATO è dunque molto ambizioso: diventare la fiera di riferimento del libro politico nell’Europa mediterranea, al pari della «London Radical Book Fair» o della «Howard Finn Radical Book Fair» americana. È chiaro che in questa prospettiva diventa fondamentale un’apertura sul panorama della produzione editoriale internazionale, e infatti già quest’anno sono stati invitati a partecipare anche editori radicali esteri, come Alegre e Ponte alle Grazie dall’Italia o La fabrique dalla Francia. «L’anno prossimo speriamo di poter accogliere, tra le altre, anche la casa editrice Verso», ci dice Vázquez.

LA SORPRESA è che, a uno sguardo esterno, Literal sembra davvero avere le caratteristiche per soddisfare le sue ambizioni di crescita: la location è curata e attrezzata, così come gli eventi trasmessi in streaming su web e sulle frequenze di una radio locale che ha installato una postazione.

Se è vero che le cose di cui gli editori radicali hanno più bisogno oggi sono visibilità e crescita del numero dei lettori, Literal insegna che per farlo la radicalità non basta: serve una fiera «fatta bene», che, per l’appunto, possa competere sul terreno dell’egemonia con le principali manifestazioni editoriali e tornare a rendere «normali» e appetibili per il grande pubblico i contenuti critici e rivoluzionari.

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