Una Corte costituzionale italiana inserita pienamente nel circuito delle Corti e della giustizia europea. Per un sistema giuridico italiano che è in tutto e per tutto interno all’ordinamento europeo. È questo il messaggio più forte che viene da Silvana Sciarra, la nuova presidente della Corte eletta con una votazione rapidissima ieri pomeriggio all’incarico appena lasciato da Giuliano Amato. Sciarra ha prevalso di un solo voto, otto a sette, sull’altra candidata, Daria de Pretis, che aveva la sua stessa identica anzianità di mandato ma è più giovane d’età.

Come primo atto, Sciarra ha confermato nella vicepresidenza de Pretis e il giudice Nicolò Zanon, ma nessuno dei due ha più la possibilità di diventare presidente, il loro mandato terminerà infatti assieme a quello di Sciarra, tra un anno e due mesi. Ha prevalso dunque la giudice eletta dal parlamento – Sciarra lo è stata su indicazione del Pd – sui giudici, de Pretis e Zanon, nominati contemporaneamente, era il novembre 2014, dal presidente Napolitano. Sarà questa una presidenza lunga, al termine della quale si riproporrà la corsa tra tre possibili presidenti con la medesima anzianità di ruolo (Modugno, Barbera, Prosperetti). Una situazione che perdura e che è ancora il frutto della difficoltà e lentezza con cui le camere uscite dalle elezioni del 2013 riuscirono a scegliere i giudici costituzionali.

Silvana Sciarra è una giuslavorista, allieva di Gino Giugni. Nata a Trani nel 1948 si è laureata a Bari e ha insegnato in diverse Università in Italia (Siena, Firenze) e all’estero (New York, Cambridge, Londra). È la seconda presidente donna della Corte costituzionale dopo l’attuale ministra della giustizia Marta Cartabia, mentre era stata la prima giudice donna eletta dal parlamento.

Nella conferenza stampa successiva alla sua elezione, sul tema assai attuale del rapporto tra diritto europeo e diritto nazionale (argomento di battaglia per i sovranisti), Sciarra ha detto che non si deve «guardare alle fonti in senso gerarchico», perché l’Italia «è dentro il diritto europeo e lo applica. A meno che non sia necessario fare dei rinvii pregiudiziali» alla Corte di giustizia europea, le cui sentenze – ha ricordato – «sono a tutti gli effetti vincolanti dunque le rispettiamo e applichiamo». Non che questo accada in tutti i paesi Ue, come ad esempio il caso della Polonia insegna, «certamente noi non arriveremo mai a dire che il grado di indipendenza della magistratura possa dipendere dalla identità del paese tanto da poter arrivare a violare i principi europei». «I nostri diritti fondamentali – ha detto – coincidono con quelli previsti dal diritto europeo. La Corte italiana è forte e solida sui principi e può dare il buon esempio in Europa». Non ritiene però che per dare effettività alla tutela dei diritti fondamentali sia arrivato il momento, anche in Italia come in Germania, Spagna e Austria, di aprire al ricorso diretto dei cittadini alla Corte costituzionale. Perché «non si possono trapiantare pezzi di altri ordinamenti, nel caso ci sarebbe bisogno di una riforma complessiva certo possibile, magari anche auspicabile ma che non può essere improvvisata. Le istituzioni democratiche sono solide – ha aggiunto – anche perché hanno una storia alle spalle».

Riguardo al rischio che l’eventuale ampia maggioranza, quella che può uscire dalle elezioni di domenica prossima, possa avere i numeri per eleggere in solitudine sia i consiglieri laici del Csm che i giudici costituzionali di competenza del parlamento, Sciarra è stata molto accorta ma molto chiara: «Io parto sempre dal presupposto che bisogna avere fiducia nelle istituzioni – ha detto – di conseguenza non posso non sperare che anche in situazione di forte maggioranza ci sarà attenzione al pluralismo. Questo è davvero quello che mi auguro, poi previsioni non posso farne».