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L’Italia del rugby ko con la Scozia all’ultimo minuto

L’Italia del rugby ko con la Scozia all’ultimo minutoUn momento del match Italia Scozia

Sport Dopo un tempo (quasi) perfetto, gli azzurri perdono la concentrazione. Ora sono ultimi e tra quindici giorni li attende l'Irlanda

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 23 febbraio 2014

C’è qualcosa che non funziona nella testa dei giocatori azzurri. Non si può spiegare altrimenti la sconfitta a Roma contro la Scozia in una partita che l’Italia ha avuto per due volte in mano ma che ha perso definitivamente all’ultimo minuto del match. E’ finita 20-21 per gli scozzesi e a decidere la sfida è stato un drop goal di Duncan Weir quando mancava meno di un minuto alla fine. L’Italia aveva però chiuso il primo tempo avanti di dieci punti (13-3) e sembrava pienamente padrona della partita. Nessuno, dopo i primi quaranta minuti, avrebbe scommesso un centesimo su una Scozia confusionaria, priva di soluzioni di gioco, dominata fisicamente. Una squadra che qualcuno si era spinto a definire “triste” per quel poco che faceva vedere in campo.

E’ invece accaduto l’impensabile. In quei dieci minuti scarsi trascorsi nello spogliatoio gli azzurri hanno perso se stessi. Quando si è riaffacciata sul rettangolo verde dell’Olimpico l’Italia era un’altra squadra: svuotata, imprecisa, deconcentrata. Senz’anima, ecco. Gli scozzesi, loro si sono invece ritrovati. Nulla di straordinario, nessun effetto speciale, ma testa lucida, idee chiare, muscoli ben caldi; e di fronte a loro un avversario che aveva perso tutti i suoi punti di forza, pieno di dubbi che si sono rivelati fatali. Niente più mischia azzurra dominante, non più la determinazione necessaria negli impatti e nei punti di incontro, solo i fantasmi della mente: il vuoto. E allora si è giocata un’altra partita. Dal 13-3 in cinque minuti la Scozia si è portata sul 13-6 (piazzato di Laidlaw) e dopo altri otto minuti (53’) era 13-11 con una meta di Alex Dunbar non trasformata, e poi al 66’ ancora una meta di Dunbar che con la trasformazione portava avanti gli ospiti (13-18). Nel giro di ventisei minuti l’Italia aveva sprecato tutto, disperso il vantaggio accumulato nel primo tempo e adesso si trovava sotto, costretta a reinventarsi la partita con 14 minuti a disposizione.

Eppure Jacques Brunel lo aveva detto: temeva gli scozzesi, il loro masticare rugby da una vita, l’imprevedibilità degli “underdogs” capaci di risorgere quando meno te lo aspetti. Nel primo tempo la sua Italia l’aveva fatta da padrona. In mischia la sua superiorità era quasi imbarazzante. Negli impatti andava sempre oltre la linea del vantaggio, guadagnando metri su metri. Inoltre, disciplina e concentrazione ben tarate: niente falli inutili, e poi buona circolazione di palla nonostante una difesa scozzese molto alta che costringeva i nostri attacchi a svilupparsi sul filo del rasoio. Solo le touches segnalavano una superiorità dei nostri avversari, con i giganti Hamilton (2,03) e Gray (2,07) che rubavano palloni e privavano l’Italia di una buona piattaforma di gioco.

Al 13’ Tommaso Allan aveva piazzato tra i pali (3-0) ma Laidlaw al 22’ aveva pareggiato i conti. Al 29’ un contropiede scozzese prendeva d’infilata la difesa azzurra ma Duncan Weir scivolava sul più bello: pericolo scampato. Poi giungeva di nuovo il vantaggio italiano (31’) con un piazzato di Allan e al 39’ finalmente la meta, ancora con Tommaso Allan, dopo un pasticciaccio dei nostri avversari nella propria area dei 22 metri. Tutto bene, tutto sembrava andare per il verso giusto, ma forse tanto dominio avrebbe meritato qualche punto in più nel carniere azzurro. E poca cosa, la Scozia, che sembrava davvero destinata a una sconfitta meritata.

Non credete a chi vi racconta, semplificando oltre il dovuto, che il rugby è uno sport di “cuore” e “orgoglio”. Quella è roba importantissima, figuriamoci, ma il rugby è prima di tutto uno sport della mente: il “fighting spirit” non può fare a meno della lucidità e della concentrazione. Chi perde la presa mentale sulla partita non potrà che soccombere. E insomma l’Italia si è ritrovata in svantaggio e smarrita dopo avere avuto in tasca la vittoria. Al 66’ era sotto di cinque punti. Poi è arrivata la fiammata e la bella meta di Joshua Furno (70’), ben imbeccato da Parisse, e la trasformazione di Orquera: 20-18, e nuovo vantaggio con dieci minuti da giocare. “Ten minutes to go”. In quei dieci minuti l’Italia è riuscita nuovamente a perdersi. Ha buttato via buoni palloni, si è fatta mettere sotto in mischia, ha ricominciato a patire nelle touches. E così si è arrivati all’ultimo minuto, con gli scozzesi ai bordi della linea dei 22 metri azzurri, avanti e indietro ma palla sempre in mano loro. E tutti capivano che cosa avevano in mente: un calcio da 3 punti, quanto bastava per riportarsi definitivamente avanti. Duncan Weir si è posizionato dieci metri dietro i raggruppamenti e aspettava. Una mischia, poi un’altra e alla fine l’ovale è arrivato a lui. Calcio di rimbalzo, palla che sale alta, pali centrati. 20-21: golden drop e fine della storia. Boato delle truppe gonnellate scozzesi, malinconico sciamare dei tifosi italiani, cucchiaio di legno che si comincia a materializzarsi.

Tra quindici giorni gli azzurri sono a Dublino per il quarto turno del torneo. L’Irlanda intanto è uscita sconfitta dal Twickenham (10-13) ma ha impressionato per la qualità e l’intensità del suo gioco. Una meta per parte (Rob Kierney per gli irlandesi, Danny Care per gli inglesi) e tanto bel gioco, con le difesa inglese a far la differenza. Con il successo del Galles sulla Francia (27-6) di venerdì sera il Sei Nazioni si è di fatto riaperto. Irlanda, Francia, Inghilterra e Galles sono tutte a 4 punti, poi Scozia (2) e Italia (0). Nel prossimo turno la Fancia andrà a Edimburgo e gli inglesi attendono il Galles.

 

 

 

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