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L’Italia del fisco si fa in otto

L’Italia del fisco si fa in ottoLa mappa delle provincie divise per pericolosità fiscale dall'Agenzia delle entrate

Lo Studio L'Agenzia delle Entrate ha analizzato le provincie italiane e le ha raggruppate in zone a seconda del rischio di evasione. Al sud la pericolosità fiscale è inversamente proporzionale al tenore di vita, situazione inversa al nord, mentre nelle grandi città il rischio di evadere è medio alto proprio come la ricchezza dei cittadini

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 6 aprile 2014

Quando si tratta di pagare le tasse l’Italia si fa in otto. Uno studio dell’Agenzia delle entrate ha mappato il territorio nazionale e lo ha diviso proprio in otto zone aggregando indici che vanno da 1 a 5 e che fotografano la pericolosità fiscale, la pericolosità sociale e il tenore di vita. Come sempre quando si descrive in numeri il bel paese emerge un netto divario tra nord e sud e in questo caso si scopre anche che là dove il tenore di vita è più elevato il rischio di evasione sarebbe minore. Con due grosse eccezioni, le grandi città.

Lo studio, secondo le intenzioni dichiarate dell’agenzia, non ha lo scopo di criminalizzare alcune aree ma dovrebbe servire per valutare e migliorare l’azione degli esattori, non solo in termini repressivi, ma anche in termini di servizi ai contribuenti. Una mappa per comprendere e muoversi meglio all’interno di una realtà complessa che richiede diverse risposte dell’amministrazione fiscale. Per questo sono state utilizzate 245 variabili raccolte da fonti ufficiali. Alle diverse zone sono stati dati nomi coloriti. Ci sono i territori a “Rischio totale” (11,2 milioni di residenti) a basso tenore di vita e alta pericolosità sia fiscale che sociale, quasi tutti al sud (Agrigento, Brindisi, Catanzaro, Lecce, Napoli, Reggio Calabria e Salerno). Le zone classificate “Niente da dichiarare? (2,3 milioni di residenti): alta pericolosità fiscale, basso tenore di vita e bassa pericolosità sociale. Anche queste nel meridione e nelle isole. Poi tre fasce intermedie con pericolosità fiscale 3 su 5. La prima si chiama “Rischiose abitudini?” (4 milioni di residenti) con un maggiore tenore di vita ma un tasso di pericolosità sociale più alto come a Grosseto, La Spezia, Latina, Livorno, Pescara, Pisa. Subito sotto e più a sud “Non siamo angeli” (6,5 milioni di residenti) con meno pericolo sociale ma anche più basso tenore di vita (Bari, Cagliari, Catania, Messina, Palermo, Sassari, Siracusa, Taranto, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano e Olbia-Tempio). Va leggermente meglio per gli “Equilibristi” (5,3 milioni di residenti) con tutti i parametri intorno a 3 su 5 (Arezzo, Ascoli Piceno,, L’Aquila, Perugia e Vercelli).

In vetta le zone benestanti del nord con pericolosità fiscale 1 su 5. Quella “Industriale” (14,3 milioni di residenti) comprende Ancona, Bergamo, Bologna, Brescia, Firenze, Genova, Padova, Torino, Treviso, Trieste, Varese, Venezia, Verona. Superata solo dall’area “Stanno tutti bene” (9 milioni di residenti) con Aosta, Belluno, Biella, Bolzano, Cremona, Parma, Siena, Trento e Udine. Fanno eccezione Roma e Milano (7,1 milioni di residenti) dove all’alto tenore di vita corrisponde anche alta pericolosità sia fiscale che sociale.

Sono proprio le grandi città, insieme ai territori a “Rischio totale”, le aree dove si concentra il tax gap, ovvero quei 90 miliardi di evasione di cui il fisco è a conoscenza ma che non riesce a recuperare. Una somma enorme ma che è ancora inferiore all’evasione totale stimata in 130 miliardi dalla Corte dei conti. Nel 2013 Agenzia delle entrate ha recuperato poco più di 13 miliardi. Una cifra in crescita ma modesta che oltretutto non tiene conto che a pagare sono sempre gli stessi (i lavoratori dipendenti in media dichiarano di più dei loro datori di lavoro). E anche la repressione e l’azione di recupero della agenzie non rispetta i criteri di proporzionalità e troppo spesso finisce per colpire i più deboli. Inflessibile con chi ha poco e pronta a patteggiare con chi ha molto.

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