L’Italia deferita alla Corte Ue. Troppi precari e poco pagati
Tuttoscuola Gli insegnanti senza posto fisso sono aumentati in 7 anni del 134%. L’età media di ingresso in ruolo è 45 anni, spesso lo stipendio va da settembre (se va bene) a giugno
Tuttoscuola Gli insegnanti senza posto fisso sono aumentati in 7 anni del 134%. L’età media di ingresso in ruolo è 45 anni, spesso lo stipendio va da settembre (se va bene) a giugno
C’è un «abuso» di contratti a termine nella scuola italiana. A dirlo è la Commissione Europea che ha deciso di deferire il nostro paese alla Corte di Giustizia dell’Ue per la perdurante violazione della normativa europea sul lavoro a tempo determinato nel settore scolastico. Secondo Bruxelles, nonostante le diffide formali ricevute nel luglio 2019 e nel dicembre 2020 e il parere motivato inviato nell’aprile 2023, il governo non ha adottato misure sufficienti per porre fine all’uso abusivo dei contratti a termine e alle condizioni di lavoro discriminatorie per docenti e Ata (personale amministrativo). In particolare, per la Commissione è discriminatorio il trattamento economico degli insegnanti precari che non hanno possibilità di una progressione reddituale per anzianità di servizio.
LA COMMISSIONE ritiene che «gli sforzi delle autorità siano stati, finora, insufficienti», per questo il deferimento alla Corte. È la seconda volta in una settimana che Bruxelles interviene sul caso dei precari della scuola: lo scorso primo ottobre l’Ue aveva risposto a un’interpellanza di un docente idoneo al concorso 2020 di Cuneo, Alessio Giaccone sulle procedure concorsuali previste dal Pnrr. Una risposta in parte sovrapponibile alla nota di Bruxelles di ieri. Il ministro dell’Istruzione (e merito) Giuseppe Valditara, seguito dai deputati leghisti, ha provato a minimizzare: «La decisione della Commissione si riferisce a tutto il pubblico impiego». Poi ha attaccato le opposizioni: «Siamo impegnati a risolvere problemi creati e lasciati irrisolti da precedenti governi, in cui Pd e M5s hanno avuto ruoli decisivi». E la stessa Ue: «Abbiamo sottoposto da tempo alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani superando le rigidità della riforma Pnrr. Attendiamo fiduciosi che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento». E aggiunge poi che il governo Meloni «ha una visione ampia e strategica della scuola italiana, che sta portando avanti in tutte le sedi. L’opposizione fa solo polemiche strumentali e sterile propaganda».
SECONDO TUTTOSCUOLA, i precari sono aumentati in 7 anni del 134% (dai 100 mila nel 2015-16 ai 235 mila del 2022-23 del governo Draghi). Se sul numero esatto a oggi c’è una guerra di cifre come per le manifestazioni di piazza (sarebbero «solo» 165mila per il ministero dell’Istruzione e del merito, 250mila invece per i sindacati) sono gli altri indicatori e dare il senso di una professione ormai a perdere: l’età media di ingresso nel ruolo è di 45 anni, gli stipendi sono tra i più bassi d’Europa, i precari sono costretti a pagare la formazione e a superare continuamente concorsi (9 negli ultimi anni tra quelli già banditi o da bandire) per essere considerati idonei ma senza la certezza di entrare in ruolo, un numero spropositato di docenti riceve lo stipendio solo da settembre (quando va bene) a giugno. Sono ancora in attesa del ruolo i vincitori dei concorsi 2016, 2018 e 2020, e gli idonei del 2023-2024. Eppure le scuole ogni anno si trovano a fronteggiare una grave carenza di insegnanti.
«QUESTA È LA MISURA del fallimento dei governi che si sono succeduti e che continuano a consentire che un lavoratore su quattro nella scuola sia a tempo determinato – ha commentato Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil -. Occorre immettere in ruolo tutti i docenti e su tutti i posti vacanti e disponibili. E fare lo stesso per il personale Ata. È necessario poi stabilizzare i posti di sostegno che sono oltre 130 mila e procedere rapidamente a garantire delle prospettive certe a chi oggi tiene in piedi la scuola. Inoltre, sul versante salariale, il governo ha fatto poco o niente». Il sindacato Gilda ha dichiarato di aver preso atto «con soddisfazione» del deferimento. Lo stesso la Uil Scuola: «Finalmente la Corte ha riconosciuto che non può esservi alcuna discriminazione, un chiaro richiamo al governo. Ora urge un intervento legislativo per rispondere all’Europa».
IL CENTROSINISTRA, chiamato in causa dal ministro, risponde: «Nel 2017 avevamo predisposto delle norme che avrebbero garantito di ridurre progressivamente il numero dei docenti precari, purtroppo, per ragioni ideologiche e di bandiera, quel sistema è stato abolito», ha dichiarato Irene Manzi, responsabile scuola del Pd. Mentre per il M5S il deferimento dell’Italia «è l’ennesima bocciatura per Giuseppe Valditara e per il governo Meloni sul fronte della scuola».
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