Paolo Borrometi è un giornalista di inchiesta serio e coraggioso, vicedirettore dell’Agenzia Italia e presidente dell’Associazione Articolo21. Svolge con intensità un impegnativo lavoro quotidiano, nel flusso incessante delle news. Tuttavia, è riuscito a scrivere un testo ampio e accurato, utilissimo a capire in controluce la realtà italiana. Traditori (Solferino, pp. 414, euro 20) è un libro che unisce una ricerca accurata sui traffici oscuri della criminalità mafiosa dal dopoguerra in poi all’analisi sullo stato delle cose. Il messaggio amaro e inquieto che ci offre il volume – tra l’altro scritto benissimo, eccezione alla regola odierna che vede l’intreccio prevalere sulla forma – è molto chiaro: ai ruoli ufficiali e istituzionali si sovrappone con prepotenza un potere segreto in grado di muovere le fila e di orientare le scelte. E si tratta di un potere spietato, che ricorre alla violenza e persino allo stragismo.

LE RIVELAZIONI (in verità tardive conferme delle inchieste del compianto Andrea Purgatori) di Giuliano Amato sulla tragedia del DC9 colpito da un missile francese nel 1980 sono come un’avvertenza da mettere virtualmente nella copertina del volume: l’Italia è un paese di poeti e di navigatori, ma soprattutto di misteri, nonché di relazioni pericolose tra politica e servizi segreti (possibilmente deviati) in un quadro di sudditanza alle alleanze internazionali sancite nella Guerra fredda. E, poi, l’autore è giustamente tornato (si veda il sito di Articolo21) sull’omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, di Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo: non fu solo mafia.
Torniamo al contesto narrativo, in cui proprio la parola mafia scandisce i diversi capitoli. La storia mafiosa (per mafia si intende una categoria più ampia del fenomeno territoriale) inizia con l’epopea dello sbarco degli alleati in Sicilia. Allora, i vertici militari delle armate a stelle e strisce decisero che fosse preferibile e più funzionale utilizzare i maggiorenti locali, in grande maggioranza picciotti. Non fu un caso, visti gli intrecci già consolidati con le famiglie d’oltre oceano.

Borrometi ci offre un percorso cognitivo che si tiene sulla linea di confine tra cronaca e romanzo storico. Le finestre della tragedia si aprono in sequenza, facendoci capire con dati inconfutabili che ogni episodio delittuoso si lega direttamente o indirettamente agli altri. Anzi. Il volume permette di conoscere fatti magari orecchiati e tuttavia non adeguatamente approfonditi. Ad esempio, si colloca nel 1954 (e non nel 1990, quando il fenomeno divenne uno scandalo) la nascita dell’esercito clandestino chiamato Gladio. Il golpe Borghese del 1970, che fece seguito a quello che investì l’allora Presidente della Repubblica Antonio Segni (il Piano Solo), nacque nel clima creato dai moti di Reggio Calabria, probabilmente sottovalutati nella storiografia sul potere segreto.

RICORRE COSTANTEMENTE l’altro Stato, forgiato da terroristi di destra usati come manovalanza (vedi l’assassinio di Piersanti Mattarella) insieme a servitori della cosa pubblica infedeli, diretti dalla Loggia P2: I traditori, dal titolo del volume.

Se si rileggono con tali canoni interpretativi le sequenze che raccontano l’Italia dark, ecco allora scrostarsi i veli che ricoprono la verità. Si passa dalle stragi di piazza Fontana del 1969, alle bombe di Brescia del 1974, alla stazione di Bologna del 1980 con gli inquietanti annessi e connessi, al Rapido 904 nel 1984, al lungo dramma del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro, alle bombe mafiose del 1993 parte della trattativa tra la criminalità e lo stato su cui svariate indagini hanno indagato. Non si dimenticano vicende su cui si sviluppò all’epoca un’opera di crudele occultamento e depistaggio: l’omicidio del militante di Lotta Continua Alceste Campanile e quello di Peppino Impastato, il cui corpo straziato fu ritrovato lo stesso giorno di Aldo Moro.

NATURALMENTE, il cuore della narrazione si addentra nel mostruoso attacco ai due esemplari giudici Falcone e Borsellino. Qui, la penna diviene aspra e densa di indignazione civile. Dalla tentata strage dell’Addaura, al terribile cratere di Capaci ordito da menti raffinatissime di cui parlava Giovani Falcone e certamente intrecciate con i traditori di dentro, alla condanna a morte di Paolo Borsellino: l’uomo che sapeva troppo.

Insomma. Mafie, esponenti dell’eversione neofascista e mostri della porta accanto hanno scritto la storia che non si legge nei manuali, ma che sta di fronte alle nostre coscienze come un’ombra nera che incombe. Suicidi in carcere, regolamenti di conti, cultura della morte come in una guerra guerreggiata tratteggiano gli anni della nostra vita. La storia della criminalità viaggia in parallelo alla crisi della cosiddetta Prima Repubblica, alla scesa in campo di Silvio Berlusconi, all’eutanasia dei partiti di massa nati dalla Resistenza. Borrometi illumina il mosaico, infilando il naso anche negli armadi della vergogna, sulle orme dello scomparso maestro Franco Giustolisi. A chi legge spetta il compito di finire l’affresco, collegando agevolmente le tessere scolpite con scienza e passione. Non può mancare un sano urlo democratico.