È stata aperta al pubblico, presso il Museo nazionale romano (sede delle Terme di Diocleziano), la mostra L’istante e l’eternità. Tra noi e gli antichi, organizzata in collaborazione con Electa e promossa dal Ministero italiano della cultura e dal Ministero della cultura e dello sport della Grecia. Visitabile fino al 30 luglio, la rassegna è curata da Massimo Osanna (direttore generale dei musei italiani a fine mandato), Stéphane Verger, Maria Luisa Catoni e Demetrios Athanasoulis. Quest’ultimo aveva già curato con Osanna l’esposizione Pompei e Santorini. L’eternità in un giorno, andata in scena alle Scuderie del Quirinale da ottobre 2019 a gennaio 2020.

NON È DIFFICILE trovare affinità tra le due mostre, focalizzate rispettivamente sulla «dimensione temporale, percepita ora come un’eternità senza confini, ora come un istante puntuale» e sull’«istante della fine che diventa elemento d’ispirazione per l’arte». Mentre l’esposizione alle Scuderie era aperta dal calco del cavallo bardato rinvenuto nel 2018 nella Villa di Civita Giuliana, nel suburbio pompeiano, ad accogliere i visitatori nelle «rinate» Grandi Aule delle Terme di Diocleziano sono ora i calchi di due vittime dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., provenienti dallo scavo della medesima villa rurale.
A parte il deprecabile e reiterato uso dei calchi quali meri oggetti di voyeurismo, qui attorniati da orologi realizzati tra Settecento e Ottocento da manifatture francesi, la rassegna consta di «300 pezzi eccezionali» tra opere greche, romane, etrusche e italiche, medievali, moderne e contemporanee, che dovrebbero illustrare il rapporto di «immedesimazione» di noi contemporanei con gli antichi. A dispetto del presunto «manifesto filosofico» lodato dal ministro Sangiuliano, la mostra si configura come un enorme guazzabuglio di opere esteticamente pregevoli, riunite senza alcuna attenzione al contesto di rinvenimento e accostate in maniera pretestuosa e confusionaria seguendo come unico filo conduttore il criterio della spettacolarità.

Foto P. R. Santo per Electa

OLTRE A PRESTITI DI RILIEVO dalla Grecia, paese dove gli archeologi sono in rivolta per la privatizzazione di cinque importanti musei statali, spiccano i «trofei pompeiani» di Osanna – come il cosiddetto carro cerimoniale della sposa, individuato nel 2021 a Civita Giuliana (restaurato e ricostruito per l’occasione) – nonché scoperte di recente richiamo mediatico quali la colossale statua con fattezze di Ercole, riportata alla luce con qualche danno dovuto all’escavatrice meccanica sulla Via Appia.
In tale pot-pourri di capolavori, sono presenti anche i Corridori di Ercolano – sballottati nel giro di tre mesi dalle passerelle di Bottega Veneta a quelle della (nuova) propaganda ministeriale – e un Gigante di Mont’e Prama, concesso dal Museo archeologico nazionale di Cagliari (d’altra parte sia il museo che la Direzione regionale musei dell’isola sono guidati da due stretti collaboratori di Osanna). Mentre Sangiuliano si compiace per una rassegna che coglie «i tratti distintivi della civiltà occidentale» esaltandone le radici greco-romane, non ci resta che fare il verso all’influencer di botticelliana memoria. Perché l’Italia è sì un paese «open to meraviglia» ma anche «to opportunismo politico».