«In superficie tutto è a posto, troppo a posto, mentre sotto c’è ben altro. Una trama fitta di relazioni, di idee, di comportamenti, messaggi direi in codice, che alla fine portano a pubblicare libri dall’apparenza innocua, ma che toccano punti nevralgici. Da una parte fanno opinione, creano una mentalità, e, dall’altra, stabiliscono contatti. La censura, dite, ma la censura ha la sensibilità di un badile, mentre qui è questione di bisturi. Quelli sono dei bifolchi, non capiscono l’importanza dei libri, e neanche il loro senso, stanno lì a vedere se ci sono dei suicidi, degli aborti o se l’autore è ebreo».

È «il dottor Brignone», per lei soltanto «il commissario» a rivolgere queste parole a Donatella Modiano, collaboratrice di Luigi Bassetti, ai vertici di un’importante casa editrice milanese. Siamo nel 1936, il regime fascista ha appena varato l’autarchia, Mussolini ha proclamato l’Impero a pochi giorni dallo sdegno internazionale suscitato dall’uso delle armi chimiche contro la popolazione etiope, censura e repressione dominano la scena.

DALLE FRASI di quello che si rivelerà come un alto funzionario della polizia politica segreta, emerge però come i fascisti siano in fondo consapevoli del fatto che non tutto nel mondo della cultura, ed in particolare dell’editoria, è davvero così sotto controllo. Non a caso, è intorno ai libri, al loro potere e ai loro segreti che ruota il romanzo di Gian Arturo Ferrari, La storia se ne frega dell’onore, uscito per le Lucciole di Marsilio (pp. 124, euro 15). Già direttore dei Libri Mondadori e autore, tra le altre sue opere, di Storia confidenziale dell’editoria italiana (Marsilio, 2022), Ferrari trasmette in questo personale esordio nel poliziesco tutta la sua passione di editore.

LUIGI BASSETTI, di cui erano note le idee antifasciste, non si separava mai da un misterioso manoscritto sul quale gli sbirri del regime stanno cercando da tempo di mettere le mani. Così hanno cercato dapprima di reclutare Donatella, che dell’uomo era anche l’amante, e dopo la morte di quest’ultimo, apparentemente dovuta ad un incidente, faranno di tutto pur di trovare quel testo che sospettano possa contenere «qualcosa di persino letale» per il fascismo e il suo capo. In realtà, non hanno tutti i torti, perché nell’intimità Luigi aveva confidato alla donna: «Ho per le mani qualcosa di esplosivo. Una vera e propria bomba. Che potrebbe sconquassare il Paese e avere effetti dirompenti nel mondo».

È QUESTO MANOSCRITTO ad essere costato la vita a Luigi, e cosa conteneva davvero? Guidata dall’amore per lo scomparso e dalla voglia di giustizia, la giovane donna svolgerà in prima persona un’indagine sull’accaduto e sul contenuto di quel testo, che se anche non fosse destinato a mettere in crisi il regime, testimonia ancora una volta dell’irriducibile potere dei libri.