Assalti, devastazioni, guerriglia, un dirigente della polizia preso a pugni, anzi no, due feriti tra le forze dell’ordine che poi diventano 27. Immaginiamo l’area dentro e intorno all’università La Sapienza dopo il pomeriggio di violenze «da anni 70»: un campo di battaglia con macerie fumanti, auto incendiate, marciapiedi e muri anneriti da bombe carta e chissà, molotov.

Immaginiamo, ma non vediamo. Vediamo invece ragazze e ragazzi per lo più con le braccia alzate, a viso scoperto, senza mazze o altri oggetti contundenti in mano e polizia che alza scudi e agita manganelli. Vediamo quelle immagini e intanto leggiamo e ascoltiamo il flusso di presunte notizie e commenti che scorre sulle agenzie di stampa e i siti, arriva sui quotidiani e rimbalza nelle tv in un rumore di fondo dove voci di esponenti politici e di alcuni “commentatori” – giornalisti con il dovere di informare e ancor prima informarsi – surfano con disinvoltura su quel flusso aumentandone la potenza incontrollata: «soliti noti», «violenti», «assalti», arrestati «due fuoricorso che invece di studiare» aggrediscono i poliziotti. Sì, sì, sembrano proprio gli anni ’70 ripetono a destra coltivando un’ossessione venata di nostalgia.

Dei bandi oggetto delle proteste, salvo poche eccezioni, si parla poco o nulla, non conviene, non interessa o forse non se ne sa niente. Le devastazioni ci sono davvero, ma a Gaza e con decine di migliaia di morti ma si costruiscono devastazioni immaginarie addebitandole a chi di quei massacri vorrebbe parlare. Si commentano notizie di provenienza incerta o si inventano di sana pianta. Non si capisce chi l’ha detto prima, Giorgia Meloni l’ha detto sicuramente: «Devastazioni, aggressioni, scontri, assalti a un Rettorato e a un Commissariato, con un dirigente preso a pugni. Questo non è manifestare, ma delinquere».

Riallineato l’ordine del discorso l’allegra fiera delle fake news non si ferma nemmeno di fronte ai video (quelli in circolazione, certo), il falso è più attraente, l’improvvisazione non costa la fatica della verifica, il conformismo è una cappa rassicurante che avvolge anche centro e sinistra con poche voci dissonanti (il sindaco Nardella in uno dei tanti talk prova a insistere, «le immagini parlano chiaro»).

La redazione consiglia:
«Tele Meloni» sotto la lente della Commissione Ue

È Telemeloni ma non solo, la voce del o della più forte del momento che ordina gli eventi e incanta, l’attitudine alla repressione del dissenso di chi ora governa. Ma anche la scarsa volontà o il poco coraggio nel rappresentarlo, quel dissenso.