In uno dei paesi più cattolici d’Europa, l’Italia, i Rom sono i più discriminati. E pochi se ne accorgono. La situazione è preoccupante persino nelle scuole. Sulla carta sarebbero luoghi d’integrazione, non per loro. Sono state abolite da anni le classi differenziali ma in alcuni contesti territoriali si finisce per marginalizzarli.
Sono bambini e ragazzi provenienti da famiglie che in realtà vivono stanziali, in normali appartamenti, nell’80% dei casi. E quando nelle scuole non è possibile attivare i portentosi strumenti di «inclusione», sbandierati nei Piani dell’offerta formativa, gli alunni di origini Rom vengono «inclusi» attraverso gli strumenti dedicati alla disabilità. A Reggio Calabria vivono 160 famiglie Rom. Li trovi nei quartieri di Arghillà, Archi e Catona.

L’associazione Un Mondo di mondi da 15 anni si occupa di loro. Realizza percorsi di inclusione sociale, promuove il superamento delle condizioni di disagio. In un lungo e articolato documento, inviato a Mim, Inps e Asp, l’associazione ha segnalato «l’eccesso diagnostico» nell’applicazione della legge 104/92 «ai danni in particolare degli alunni Rom nella città di Reggio». L’associazione chiede l’adozione di «provvedimenti per superare il processo di medicalizzazione nella scuola». Per l’anno scolastico appena concluso, dai dati forniti dall’Istituto Comprensivo Radice Alighieri di Catona, risulta che dei 115 alunni rom italiani iscritti, 48 alunni sono stati certificati con disabilità ai sensi della Legge 104. Si tratta del 41,8 %.

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«È un dato incredibile – commenta al manifesto Giacomo Marino, presidente di Un Mondo Di Mondi – se si considera che la percentuale nazionale equivalente fornita dal Mim è del 4,86%. Sono percentuali ritenute troppo alte da autorevoli pedagogisti in quanto molte diagnosi sarebbero errate. Si tende a scambiare l’immaturità infantile con un disturbo neuropsichiatrico».

Anche gli alunni Rom italiani, circa 200, residenti in altri quartieri della città dello Stretto, hanno avuto lo stesso trattamento con una percentuale di certificazioni di disabilità di circa il 35%. Pertanto, su una popolazione scolastica Rom complessiva della città di 325 alunni, 122 di loro hanno avuto la certificazione di disabilità, il 37,5%. Quasi la metà degli alunni Rom sarebbe, dunque, affetta da Dsa, autismo e disturbi neuropsichiatrici. Secondo l’associazione presieduta da Marino «le difficoltà di apprendimento dovrebbero essere affrontate attraverso la pedagogia e non mediante le diagnosi e il sostegno».

Intanto, però, gli alunni Rom vengono certificati come disabili. Nel silenzio di tutti. Se nelle scuole permangono situazioni paradossali, all’esterno la situazione non è meno inquietante. Alle antiche etichette razziste, in tempi recenti si sono aggiunte le nuove stimmate: malavitosi e borseggiatori.

Le associazioni per la tutela della cultura Rom segnalano le incursioni delle telecamere dei talk politici di Rete 4, che penetrano spesso nei quartieri abitati da persone di origini Rom. «Trasmettono solo un certo risvolto dei ghetti ed etichettano la questione rom come un problema di ordine pubblico», denuncia il sociologo Fiore Manzo, presidente dell’associazione Lav Romanò. «Di recente, una di queste trasmissioni ha mostrato un servizio dal titolo ‘Gli affari sporchi dei clan rom con la mafia’ – prosegue Manzo – la giornalista è andata nel quartiere San Vito a Cosenza, presso il ‘villaggio Rom’, accompagnata da un agente di polizia, etichettando il luogo come ‘fortino dei Rom’. Il servizio poi è stato poi rimosso dal web».