Per l’artista e cantautrice Emiliana Torrini, metà islandese e metà italiana (padre italiano di Napoli) sono passati esattamente dieci anni dal suo ultimo album solista. Nel frattempo, però, come lei stessa ci racconta in questa intervista, la vita è andata avanti, sia con progetti paralleli sia a livello personale. Intanto tornerà live in Italia il 28 settembre al teatro Valli di Reggio Emilia e il 29 settembre all’Alcatraz di Milano. Sarà l’occasione per far conoscere il nuovo album, uscito il 21 giugno e che prende il titolo di Miss Flower. Un album complesso, struggente a tratti, che nasce da storie, storie vere e di lettere, ritrovate e raccolte… «Sono passati dieci anni dal mio ultimo album da solista. In questo lasso di tempo ho fatto due dischi con The Colorist Orchestra, ho avuto due figli, ho cambiato paese. Ho scritto mezzo disco da solista prima che le lettere venissero scoperte e credo di essere stata semplicemente sempre occupata. Ho sicuramente bisogno di tempo per produrre e ispirarmi. Non scrivo mai tutti i giorni, ho bisogno di tempo per riempirmi fino a scoppiare e poi vado in studio con molto da dare».
Miss Flower appunto, storia e storie di una donna realmente esistita: «Miss Flower è una persona che ha vissuto la sua vita in modo anticonvenzionale e senza compromessi. Non aveva paura di amare e di vivere. Era molto indipendente, intelligente e divertente. Quando entrava in una stanza attirava l’attenzione di tutti. Era una persona rara, una musa». Lettere, dunque parole, parole che diventano fondamentali in questo album: «Sono il cuore del disco, ciò che lo guida. Sono sempre stata un grande appassionata delle liriche. Mi piace essere coinvolta in una storia e in un’immaginazione. Alcuni testi hanno avuto un grande effetto su di me e altri mi hanno aiutato a superare momenti difficili».

INDIPENDENZA, lotta, libertà, essere ciò che si vuole in una società che vede le donne essere sempre un gradino, se non due, sotto quello degli uomini, in ogni campo. Dunque, Miss Flower può diventare un simbolo di questa lotta e della volontà femminile: «Abbiamo sicuramente bisogno che ci venga ricordato all’infinito quanto sia importante non abbassare la guardia e quanto sia chiaro che la lotta deve essere costante. Abbiamo fatto molta strada, ma gli esseri umani hanno questa fastidiosa tendenza a fare due passi avanti per poi tornare indietro».
Tematiche importanti, testi che sanno dove e come arrivare, ma anche la musica in questo nuovo lavoro subisce, a tratti, la consapevole e ben voluta invadenza dell’elettronica: «Io e la mia band volevamo sfidare noi stessi e abbiamo deciso di andare all’opposto di come si pensa che suonino le canzoni ispirate da epistole, così invece di andare verso il folk abbiamo portato le canzoni verso il pop. L’elettronica è qualcosa di cui non potevamo fare a meno. È molto divertente lavorarci, ci sono infinite opportunità».

ELETTRONICA e innovazione, per poi scegliere un finale, nel brano A Dream Through the Floorboards, un momento del tutto emozionale ed emozionante, che riscopre l’umano e i sentimenti che riescono ad oltrepassare mura: «Simon (Byrt, produttore e collaboratore storico di Torrini nonché marito di Zoe, figlia di Geraldine, la Miss Flower del disco, ndr) suona spesso il pianoforte a casa. È sempre un bel momento sedersi e ascoltarlo suonare. Quando Miss Flower viveva nell’appartamento al piano di sopra amava sentirlo suonare e il pianoforte passava attraverso il pavimento, così abbiamo voluto che il brano fosse l’ultimo e che iniziasse solo tre minuti dopo l’ultima canzone, in modo che l’effetto del pianoforte che arriva da un’altra parte fosse percepito dall’ascoltatore».
E poi? Niente in realtà finisce, anzi si continua con The Extraordinary Miss Flower, un film, in parte, un docufilm, per l’altra parte: «È un film, in parte doc musicale, in parte teatrale, in parte film concerto. Un viaggio attraverso la storia di Miss Flower. È stato realizzato dagli straordinari Jane Pollard e Iain Forsyth. Il cast è straordinario. Non sono mai stata così orgogliosa di qualcosa che ho realizzato. Li ho incontrati in Islanda e avevo appena iniziato a scrivere dalle lettere. Ho raccontato loro la storia e sono stati completamente catturati dalla storia e così il viaggio è stato inevitabile».
Nel film appare anche Nick Cave, intento a leggere una delle lettere da cui è nato il disco, e con la sua voce spalanca mondi su mondi e storie su storie, struggenti: «Nick Cave legge una delle lettere del film. Sono stata una sua fan per tutta la vita, il suo lavoro mi ha insegnato a raccontare storie attraverso la musica. È stato tutto incredibile, la sua presenza è stata incredibile».
L’emozione e la verità che la musica dal vivo in passato riusciva a trasmettere, oggi invece è quasi sull’orlo del baratro dell’alienazione totale, colpa di quei telefonini che fanno da schermata tra l’artista e il suo pubblico: «Devo dire la verità. Ho un pubblico molto attento, che ascolta e che non si perde nel mondo dei telefonini. I live sono fondamentali e mi piace passare questo tempo con loro». Dunque, ancora c’è speranza, ancora la musica è centrale nelle vite delle persone ed ha un ruolo: «Sì, la musica è ancora parte integrante della vita di molte persone. E ha avuto un effetto enorme, accendendo i riflettori su questioni difficili che altrimenti sarebbero state ignorate».