Cultura

L’ironia splatter di un predatore braccato

L’ironia splatter di un predatore braccato – Disegno di Manuele Fior

Noir «Il cacciatore di teste» di Jo Nesbø per Einaudi

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 30 aprile 2013

Il grande successo planetario della saga Millenium di Stieg Larsson ha aperto la strada, almeno nel nostro paese, a una serie di scrittori di crime story provenienti dai paesi nordici. Si è cercato, da un lato, di andare alle origini del genere in area scandinava, dall’altro di proporne in Italia i più recenti sviluppi. Così, se Sellerio ha pubblicato tutti i libri di Maj Sjöwall e Per Wahlöö dedicati all’investigatore Martin Beck, scritti tra gli anni Sessanta e Settanta, e impregnati del clima politico e sociale di quegli anni, hanno trovato ampio spazio anche le nuove leve, a volte vere e proprie star a livello internazionale della letteratura nera.

È il caso di Jo Nesbø, norvegese di Oslo, con un passato da calciatore, broker in borsa, musicista rock, giunto al successo con la serie dedicata ad Harry Hole, di cui Einaudi Stile Libero ha pubblicato l’ultimo romanzo, Il cacciatore di teste (pp. 298, euro 18). In questo caso, però, non compare il personaggio più famoso di Nesbø. Invece il protagonista, a cui si richiama il titolo, è Roger Brown, un headhunter appunto, un consulente che seleziona top managers per conto di imprese multinazionali. Roger, nonostante l’alto livello delle sue entrate, conduce uno stile di vita che può permettersi solo grazie gli introiti del suo hobby segreto: rubare opere d’arte. Le ragioni di tutto questo sono legate all’intenso amore che lo lega alla bellissima moglie, Diana, e al terrore di poterla perdere per la sua inadeguatezza. Tra l’altro, Roger è basso e soffre di un evidente complesso legato alla statura che cerca di compensare offrendo alla moglie un alto livello di vita, riempendola di regali e, soprattutto, foraggiando la sua galleria d’arte, perennemente in perdita. L’incontro con Clas Greve, top manager olandese, appena dimessosi da una azienda leader nelle tecnologie Gps, sembra al protagonista vera manna caduta dal cielo. Non solo l’uomo è perfetto per il ruolo da amministratore delegato che sta cercando, ma è anche proprietario di un Rubens andato perduto durante la seconda guerra mondiale, intitolato, non a caso, La caccia al cinghiale calidonio. Perché è una vera e propria caccia quella che si scatenerà contro Roger quando, entrato nell’appartamento dell’olandese per rubare il quadro, troverà qualcosa che mai avrebbe pensato potesse essere lì.

Narrato tutto in prima persona dal protagonista, Il cacciatore di teste è un thriller duro, teso e avvincente, caratterizzato da una scrittura tagliente e cinematografica, oltre che dal susseguirsi di continui colpi di scena. Leggendolo, più che pensare ad altri scrittori – come Dantec, Ellis o Ellroy, a cui pure è lecito accostarlo per l’uso secco e affilato delle scene violente – viene in mente il cinema di Quentin Tarantino. E non solo per la carica di durezza e violenza presente, ma soprattutto per l’ironia che pervade il testo. Ironia già presente nel plot, ma che si esplicita in scene dal risvolto anche splatter, come quella dell’arresto di Roger da parte di due poliziotti grassi e del modo in cui riesce a liberarsi. Ironia che non mitiga in nessun caso la durezza delle situazioni ma che arriva a coniugarsi perfettamente con la metafora, come quando il cacciatore di teste, in uno dei momenti più drammatici e pericolosi, si trova letteralmente nella merda fino al collo e oltre. Non mancano, inoltre, quegli elementi di critica al potere e al sistema socioeconomico contemporaneo, che hanno caratterizzato il noir fin dalle sue origini.

Da notare infine come Jo Nesbø, in questo suo romanzo – da cui nel 2011 è stato anche tratto un film diretto da Morten Tylden – riesca a mettere insieme anche ironia e biopolitica. Il metodo che Roger adotta nell’intervistare i candidati che gli si presentano, infatti, è basato sulla tecnica di interrogatorio in nove fasi elaborata dall’Fbi. Eccesso ironico, ma anche spia di quanto il sistema capitalistico intenda entrare a fondo, per controllarla, dominarla e metterla al lavoro, nella psiche de singoli.

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