L’Iran popolare e segreto
Moscow Mule Crimine, sesso, pestaggi e molto kitsch di sottofondo. Il critico e curatore Ehsan Khoshbakht ha assemblato brani di VHS illegali, immagini gracchianti con sottotitoli posticci e la sua voce off...
Moscow Mule Crimine, sesso, pestaggi e molto kitsch di sottofondo. Il critico e curatore Ehsan Khoshbakht ha assemblato brani di VHS illegali, immagini gracchianti con sottotitoli posticci e la sua voce off...
Crimine, sesso, pestaggi e molto kitsch di sottofondo. Il critico e curatore Ehsan Khoshbakht ha assemblato tranci di VHS illegali, immagini gracchianti con sottotitoli posticci e la sua voce off per il documentario “Filmfarsi” (2019). Un viaggio dal 1953 al 1979 nel cinema popolare, dimenticato e maltrattato già nelle intenzioni del critico Amir Houshang Kavousi che coniò nel ’53 il termine “filmfarsi”. Film fai da te affollati da gangsters di periferia e cantanti di cabaret, le donne sono sante o mignotte con un carattere combattivo in una città tentacolare. Lo sguardo è rivolto a Bollywood, al cinema egiziano, ai gangsters movie americani, al cinema erotico italiano e c’è perfino un remake dei vitelloni di Fellini (“The Penniless One”, K. Parvizi, 1959).
Khoshbakht, co-direttore del Cinema Ritrovato di Bologna, ha impiegato quattro anni per realizzare questo documentario dando un senso, grazie al lavoro dei montatori Niyaz Saghari e Abolfazl Talooni, alla schizofrenia ribelle di una immensa produzione che, “iranizzando” i generi occidentali, è divisa tra moderno e tradizionalismo. Il low budget mostra la strada e gli autori formatasi all’estero aggiungono spunti sociali. La cosiddetta “Iranian New Wave” non è così distante e corre parallela ai filmfarsi: Dariush Mehrjui, autore di “The Cow” (1969), ritenuto il primo film d’autore del movimento, inizia la sua carriera con “Diamond 33” (1966) sulle orme di James Bond. In una altalena tra fuga dai problemi ed evidenti contraddizioni della società, il repertorio ritrovato di Khoshbakht è più uno studio sulla memoria e rimozione brutale che sulla storia del cinema iraniano pre rivoluzione. D’altronde il 1953 e il 1979 non sono momenti casuali. Il 1953 è l’anno del golpe contro Mossadeq e proprio nel venticinquesimo anniversario dell’evento, il 19 agosto 1978, un incendio spaventoso nel cinema Rex di Abadan uccide più di quattrocento persone durante la proiezione de “Il Cervo” di Masoud Kimiai (1974), un film su due ex compagni di scuola che si ribellano contro il sistema. La verità sugli esecutori materiali non è mai emersa ma per l’opinione pubblica il responsabile fu lo Scià Pahlavi che accusava l’opposizione che a sua volta accusava la polizia politica Savak.
Il 1979 è l’anno della rivoluzione islamica di Khomeini. La strage del cinema Rex, raccontata da Shahram Mokri in “Un Crimine Sconsiderato”, proiettato all’ultima Mostra di Venezia, fu una delle tante azioni dei manifestanti islamisti che attaccavano cinema vuoti colpevoli di proiettare film troppo occidentali e succinti. Per il regista del documentario la feticizzazione è la conseguenza naturale di un mancato libero accesso al passato. I filmfarsi oggi sono reperibili su Youtube in pessimo stato e le videocassette da cui sono state estratte le clip hanno alle spalle un destino bizzarro. Qualcuno porta con sé delle copie emigrando verso la California ed ulteriori copie iniziano ad essere vendute e distribuite nei supermercati di Los Angeles per la comunità iraniana espatriata. E le cassette tornano in qualche forma di nuovo in Iran.
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