Cultura

L’inventario, un catalogo dell’esistenza

L’inventario, un catalogo dell’esistenza

NARRAZIONI A proposito del recento libro di Marino Folin, edito da Marsilio

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 15 dicembre 2023

Fare l’inventario è un doppio movimento verso l’interno per controllare che tutto ci sia ancora (e in che condizioni) e anche verso l’esterno, perché significa compiere una lettura del proprio scheletro esistenziale. Chi si è e cosa si è fatto, chi si è amato e con chi si è cresciuti. Marino Folin, storico rettore dell’Università Iuav di Venezia, intellettuale e protagonista a sinistra di una stagione culturale veneziana oggi probabilmente irripetibile, con Inventario. Le cose e la casa (Marsilio, pp. 452, euro 22) scrive un romanzo sorprendente che, in parte, vive sulle spalle di Georges Perec, ma che deve la sua natura a quel mondo altro che è Venezia, città fluida il cui ritmo è scandito dall’acqua e dalla luce che se ne riflette.

Inventario ovvero il catalogo di una vita: una casa, la sua storia che la vide un tempo casa di appuntamenti e poi rispettabile abitazione per appartamenti. E poi gli oggetti, i veri protagonisti di una narrazione implacabile come solo i cataloghi possono esserlo. Oggetti incrociati per caso o attesi per lungo tempo cadenzano il passare degli anni, oltre trenta, all’interno di un appartamento che muta con il mutare dell’umore del suo proprietario, tra passati amori e delusioni politiche. Un vero e proprio viaggio dentro al quale Folin riconosce nuovamente se stesso indagando le origini di un pensiero che fu alla base di un oggetto come di una scelta cromatica.

UN LIBRO CERTAMENTE affine a chi l’architettura la sa concepire non solo come mera applicazione professionale, ma come indagine esistenziale. Non esiste mensola, maniglia, lampada o seduta che non abbia un motivo profondo legato all’umore e alla necessità urgente della vita. L’autore prende in analisi ogni stanza e di ogni stanza ogni oggetto, tutto è enumerato con precisione, la forma, la misura, quando e con chi fu scovato il tal quadro, il moretto veneziano (un tempo ambito in ogni casa e oggi così caduto in disgrazia da non essere nemmeno più degno di un rigattiere), l’incisione o la litografia.

FOLIN EVITA LA NOSTALGIA, ma non si può non notare come quasi tutto quello che compare all’interno della casa risulti poi scomparso nel nulla in città. Botteghe chiuse da tempo che offrono al visitatore odierno o, peggio ancora, al suo desolato abitante lo spreco di vetrine buie, per non dire delle calli ridotte al servizio di un consumo turistico fatto di pizze al taglio e vetri o maschere dalla qualità risibile.
Inventario è però fortemente il segno irriducibile di una vitalità prodigiosa. Una narrazione originale che riporta alla luce una brace ancora vivida, forse capace un giorno di illuminare nuovamente il senso di una città come Venezia le cui case abitate restano ancora oggi una delle sue meraviglie più sorprendenti. Un’idea dello stare al mondo che rappresenta una possibilità inaggirabile anche per i più affezionati alle passioni tristi.

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