L’inutile universo dei Cie, tra solitudini, tensione e rabbia
Immigrati La relazione della Commissione diritti umani del Senato. Dei 6.016 immigrati trattenuti nel 2013, rimpatriati in 2.013
Immigrati La relazione della Commissione diritti umani del Senato. Dei 6.016 immigrati trattenuti nel 2013, rimpatriati in 2.013
La Commissione diritti umani del Senato ha svolto negli ultimi diciotto mesi un’indagine conoscitiva sui centri di identificazione ed espulsione. Sono emerse numerose e profonde incongruenze riguardo alle funzioni che essi dovrebbero svolgere e ciò in ragione di rilevanti insufficienze strutturali, nonché di modalità di trattenimento inadeguate rispetto alla tutela della dignità e dei diritti degli interessati.
Attualmente, degli 11 Cie, solo 5 sono funzionanti (Bari, Caltanissetta, Roma, Torino, Trapani). Sono temporaneamente chiusi quelli di Brindisi, Crotone, Gorizia. Il Cie di Trapani-Serraino Vulpitta è in via di riconversione in centro di accoglienza per richiedenti asilo. I centri di Bologna e di Milano dal mese di agosto 2014 sono utilizzati come centri di prima accoglienza.
La maggior parte dei centri funziona a scartamento ridotto e ospita un numero di immigrati ben inferiore alla effettiva capienza. Secondo i dati del ministero dell’interno, gli stranieri trattenuti nei Cie nel corso del 2013 sono stati 6.016 (5.431 uomini e 585 donne), dei quali 2.749 sono stati effettivamente rimpatriati. Nel 2014, al 9 luglio, i trattenuti risultano essere 2.124, di cui 1.036 rimpatriati. Il numero complessivo dei migranti rimpatriati attraverso i Cie nel 2013 risulta essere lo 0,9% del totale degli immigrati in condizioni di irregolarità che si stima essere presenti sul territorio italiano (294.000 secondo i dati dell’Istituto per lo Studio della Multietnicità al primo gennaio 2013).
Inoltre, il prolungamento del trattenimento dai trenta giorni del 1998 ai diciotto mesi del 2011 non pare abbia migliorato il tasso di espulsioni: il rapporto tra i migranti rimpatriati e il totale dei trattenuti nei Cie nel 2012 è cresciuto di appena il 2,3% rispetto al 2010, mentre nel 2011 l’incremento del tasso di efficacia nei rimpatri è risultato addirittura irrilevante (+0,3%). Un altro dato va messo in relazione ai tempi di trattenimento: in base a quanto dichiarato dal personale degli uffici immigrazione delle questure con cui la Commissione è entrata in contatto, in media sono sufficienti 45 giorni per identificare un trattenuto. Il 17 settembre 2014, il Senato ha approvato, all’art.3 comma e della Legge europea 2013-bis, accogliendo un emendamento dei senatori della Commissione Manconi e Lo Giudice, la riduzione del periodo massimo di trattenimento degli stranieri all’interno dei Cie a novanta giorni.
Ciò che più colpisce è la forte eterogeneità e promiscuità delle persone presenti all’interno dei centri, situazione che provoca spesso tensione altissima: vi si trovano, ad esempio, persone che hanno a lungo risieduto legalmente in Italia e che non avendo più rinnovato il permesso di soggiorno per le ragioni più diverse, sono diventate irregolari (cosiddetti overstayer), ex-detenuti che, scontata la pena, sono stati poi trasferiti nei Cie in attesa di identificazione o di rimpatrio e richiedenti asilo che hanno potuto formalizzare la propria domanda solo dopo avere ricevuto un provvedimento di respingimento ed espulsione. L’eterogeneità è legata alla rigidità della normativa italiana in materia di immigrazione, per cui è sufficiente che uno straniero perda il lavoro o non gli venga rinnovato il permesso di soggiorno per più di 12 mesi per diventare irregolare.
Spesso si è riscontrata la presenza nei Cie di immigrati che da molti anni vivono insieme alle loro famiglie in Italia, paese nel quale hanno sede i loro affetti e interessi. Anche in questo caso il trattenimento risulta spesso inutile, poiché esiste una oggettiva difficoltà a identificarli dopo tanti anni trascorsi lontano dal paese d’origine, e diviene lesivo del diritto all’unità familiare dei migranti e dei loro congiunti.
Molte situazioni possono essere sanate e definite in maniera più veloce rispetto alle procedure attualmente previste.
Per chi è destinato all’espulsione dopo l’esecuzione della pena in carcere, va resa operativa e praticabile la disposizione prevista dal decreto Cancellieri del dicembre 2013 relativa all’accertamento dell’identità all’interno degli istituti penitenziari.
Nei Cie sono trattenute anche persone rom, possibili titolari dello status di apolide in quanto provenienti dalla ex-Jugoslavia. Il riconoscimento dell’apolidia eviterebbe loro di essere ripetutamente portati al Cie per essere identificati. Nel centro di Ponte Galeria si trovava trattenuta una donna di sessant’anni, madre di nove figli, che viveva in Italia da quaranta. La donna è uscita dopo due mesi perché l’avvocato è riuscito ad ottenere il provvedimento di sospensiva, e perché nel frattempo aveva presentato domanda di apolidia. Si tratta anche in questo caso di situazioni in cui il trattenimento potrebbe essere evitato.
Tra i trattenuti, anche persone nate e cresciute in Italia: chi ha sempre avuto un permesso di soggiorno e al compimento dei diciotto anni non è riuscito a rinnovarlo trovandosi così in una situazione di irregolarità o chi è nato in Italia ma non è mai stato regolare. Il passaggio alla maggiore età è un momento critico perché il permesso di soggiorno deve essere legato alla frequentazione di un corso di studi oppure alla firma di un contratto di lavoro.
Ma non è detto che queste due condizioni ci siano. Non è raro il caso di chi, nonostante sia in Italia da molti anni e qui abbia portato avanti un percorso di formazione e di vita, rischia di essere rimpatriato.
La Commissione si è spesso imbattuta in persone trattenute nei centri che si trovavano in condizione di estrema vulnerabilità psicologica e fisica. Il loro trattenimento provoca evidentemente un aggravio della loro condizione psico-fisica (peraltro confermato in molti casi dall’uso, spesso abuso, di psicofarmaci) e si rivela spesso inutile ai fini dell’identificazione. In questi casi è il questore che potrebbe intervenire, previa certificazione di un medico, con un provvedimento che consente il rilascio immediato per incompatibilità con il trattenimento o concedendo un permesso di soggiorno per motivi umanitari direttamente, senza attivare la procedura della protezione internazionale.
Quanto alla condizioni di trattenimento e alla gestione delle strutture, la Commissione diritti umani chiede al governo di rivedere i criteri di assegnazione della gestione dei Cie, affidando a un ente gestore unico su scala nazionale tutti i centri attraverso un’unica procedura a evidenza pubblica, e di intervenire per modificare i criteri di assegnazione delle gare d’appalto, valutando non solo l’offerta economica e il criterio dell’offerta più bassa. Sarebbe necessario inoltre intervenire sulla disciplina relativa alla gestione per garantire un regolamento unico per tutti i centri e il periodico monitoraggio da parte delle prefetture delle reali condizioni di vita, verificando la congruenza dei servizi offerti con le convenzioni e i capitolati stipulati.
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