L’interazione aperta fra mappa e territorio
Scaffale A Bookcity, «Cartografie radicali» di Lorenza Pignatti. Dal volume emerge il nesso fra iniziative militanti e sperimentazione artistica
Scaffale A Bookcity, «Cartografie radicali» di Lorenza Pignatti. Dal volume emerge il nesso fra iniziative militanti e sperimentazione artistica
La mappa non è il territorio. La formula, attribuibile al linguista polacco Alfred Korzybski, ha avuto indubbia fortuna. Si tratta di un assunto su cui si può facilmente convenire. Tuttavia, fatta salva la non identità fra i due termini, il problema sul quale vale la pena interrogarsi riguarda la loro relazione. A livello di senso comune si può pensare a una priorità del territorio, temporale e ontologica, che costituirebbe la realtà già data di cui l’operazione cartografica si proporrebbe di offrire un’immagine il più accurata possibile a partire dalle specificità di scala e dai criteri di selezione dell’informazione che ci si è dati.
COME CI HA MOSTRATO il geografo Franco Farinelli, le cose sono più complesse e forse vale la pena ribaltare lo schema: vedere nel territorio un prodotto della mappa che, lungi dal limitarsi a una funzione meramente rappresentativa, opera come fattore di modellizzazione della realtà. Inoltre, dietro, il distacco dei protocolli operativi, non si deve mai dimenticare come si celino opzioni e scelte strategiche, inevitabilmente orientate in senso politico e culturale.
NEGLI ULTIMI DECENNI la dimensione cartografica ha assunto una crescente centralità nelle pratiche artistiche. La crescente disponibilità di potenza di calcolo, di accesso alle immagini, di strumenti di elaborazione grafica e di interazione ha fatto uscire la produzione mappale dalla riserva degli istituti geo-topografici. La disseminazione generalizzata dei sistemi di geolocalizzazione, poi, ha suscitato motivate preoccupazioni riguardo le pratiche di controllo sociale, di restrizione degli spazi di agibilità politica e di estrazione di valore tramite il capitalismo delle piattaforme. A fronte di ciò, è emersa l’esigenza non solo di elaborare analisi critiche ma anche e soprattutto di agire sul «medium» cartografico, assumendolo come terreno di conflitto. Ciò è avvenuto attraverso pratiche in grado di svelare l’invisibile che si cela dietro il visibile, di sabotare o modificare i funzionamenti dei tools, di mostrarne le «zone morte» e di agirne gli usi alternativi.
A CIÒ SI È CONIUGATA l’esigenza, a partire dalla flessibilità acquisita, di percorrere l’alternativa di una dimensione partecipativa dei processi di mappatura alternativa alla dimensione top-down portata avanti oggi, non solo dal comparto statale-militare ma in misura crescente da attori privati.
Il nesso fra sperimentazioni artistiche, pratiche cartografiche eccentriche e iniziative militanti è al centro del recente libro di Lorenza Pignatti Cartografie radicali. Attivismo, esplorazioni artistiche, geofiction (Meltemi, pp. 214, euro 18).
Il testo si sviluppa su un duplice registro. Da una parte si evidenziano le problematiche teoriche e politiche più urgenti poste dalla nuova «condizione tecnico-spaziale». Intorno a esse viene rilevata una forte convergenza intorno ad alcuni nodi fra sperimentazione artistiche, approcci analitici sviluppati nell’ambito delle scienze sociali, expertise tecniche critiche e stili militanti.
IL VERO FULCRO del libro, però, è costituito da un’ampia e approfondita panoramica di sperimentazioni artistiche che si sviluppano sul terreno dell’interazione fra mappa e territorio. Da una parte abbiamo esperienze come Forensic architecture, che mobilita saperi e competenza su scala globale al fine di correggere, sul piano della produzione documentale e del suo display, l’asimmetria informativa fra apparati di stato e vittime di violazioni dei diritti umani.
In altri casi ci vengono presentate pratiche volte a svelare le determinati tecnologiche ed economiche incarnate nei dispositivi, a costruire sistemi di mappatura dal basso, a partire dalle esigenze di specifici attori, a inventare modelli cartografici volti a offrire una rappresentazione visiva di relazioni e processi. E se la mappa non si limita a registra la realtà ma contribuisce a costruirla, non possono mancare i tentativi, per citare Deleuze e Guattari, di «cartografare contrade a venire», attraverso il registro della geofiction.
Il libro sarà presentato a Bookcity domenica, ore 16 presso la Biblioteca di Siam (via santa Marta 18) a Milano, con l’autrice, Franco Farinelli e Maurizio Guerri.
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