L’insostenibile pesantezza dei crackers
Tra i tanti effetti prodotti dalla pandemia è stato segnalato anche l’aumento significativo delle vendite dei sostituti del pane (cracker, pancarré, piadine, crostini, ecc.) e del pane di produzione industriale. Certo, nei mesi caratterizzati […]
Tra i tanti effetti prodotti dalla pandemia è stato segnalato anche l’aumento significativo delle vendite dei sostituti del pane (cracker, pancarré, piadine, crostini, ecc.) e del pane di produzione industriale. Certo, nei mesi caratterizzati […]
Tra i tanti effetti prodotti dalla pandemia è stato segnalato anche l’aumento significativo delle vendite dei sostituti del pane (cracker, pancarré, piadine, crostini, ecc.) e del pane di produzione industriale. Certo, nei mesi caratterizzati da difficoltà di circolazione e di diffidenza per i luoghi affollati, i prodotti che si conservano a lungo e senza problemi sono stati ovviamente preferiti. Tuttavia nella spiegazione di questo fenomeno la pandemia c’entra fino a un certo punto, avendo semplicemente accentuato una tendenza evidente da anni. Un vero peccato, prima di tutto dal punto di vista della salute.
È inutile girarci intorno: confrontati con il pane tradizionale di buona qualità (meglio se preparato con farina integrale, lievitato con pasta madre, cotto in forme di almeno 500 g), il cracker perde su tutta la linea. Un etto di pane integrale contiene circa 225 kcal. La stessa quantità di cracker arriva fino a 450. Una differenza determinata in larga misura dal contenuto di grassi. Non sempre di qualità impeccabile, soprattutto nelle referenze di bassa gamma. I grassi sono infatti utilizzati con larghezza in questi prodotti con circa 12-13 g per 100 g. Alla faccia della leggerezza, proposta da decenni dalla comunicazione pubblicitaria e ormai entrata nella convinzione di molti!
Altro punto dolente è il sale, abbondante nei sostituti e nel pane industriale: da un minimo di 1,7 g per 100 g nei cracker non salati in superficie fino a 2,2 a 2,7 g nei prodotti più elaborati. È vero che anche nel pane il sale viaggia mediamente intorno al 1,7%, con la differenza che questo ingrediente è oggetto da tempo di una revisione critica.
Una campagna del Ministero della Salute per la riduzione del sale nel pane ha registrato la larga adesione delle associazioni dei panificatori. Con vantaggi soprattutto per la prevenzione delle patologie cardiovascolari.
Occorre anche non nascondere che il sale fa parte di un mix di ingredienti (sale, zuccheri semplici, grassi) ben noto a chi progetta la composizione di nuovi prodotti da immettere sul mercato. Questa miscela di sapori è assai importante perché determina una sorta di dipen- denza e quindi un incremento dei consumi. Meglio non avvitarsi in questo circolo vizioso. Prepariamo con le no- stre mani il cibo che ci nutre. È dimostrato che il tempo passato in cucina (ma non per emulare MasterChef!) è direttamente proporzionale al nostro livello di salute.
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