L’inquieto dittico di Lucinda Childs
A teatro Dopo essere stata tra i protagonisti con il coreografo Michele Pogliani di Dancing Glass a La Nuvola – Roma Eur, la grande coreografa, personaggio sorprendente della danza e del teatro dal secondo Novecento a oggi, è tornata in scena al Teatro Vascello
A teatro Dopo essere stata tra i protagonisti con il coreografo Michele Pogliani di Dancing Glass a La Nuvola – Roma Eur, la grande coreografa, personaggio sorprendente della danza e del teatro dal secondo Novecento a oggi, è tornata in scena al Teatro Vascello
Dopo essere stata tra i protagonisti con il coreografo Michele Pogliani di Dancing Glass a La Nuvola – Roma Eur, Lucinda Childs, personaggio sorprendente della danza e del teatro dal secondo Novecento a oggi, è tornata in scena in un dittico al Teatro Vascello. Ad aprire il programma, la ripresa in esclusiva italiana di un solo di Childs del 2000, Description (of a description), testo di Susan Sontag, musica set e light design di Hans Peter Kuhn, seguito dalla prima assoluta di Schrödinger had a cat named Milton di Michele Pogliani in scena insieme a tre danzatori del suo MP3 Dance Project.
In piedi su una piattaforma sospesa nel vuoto, l’iconica Childs racconta di una mattina in cui un uomo crolla improvvisamente su un marciapiede.
Il pezzo gioca sullo sfalsamento tra le parole dette dal vivo e registrate, un flusso di sovrapposizioni intrecciato con sapore minimalista tra dilatazione e contrazione del ritmo mentre la danza visualizza sull’oscillante piattaforma l’essenza della casualità dell’incidente e della vita stessa.
Complice il riferimento all’esperimento paradossale del gatto di Schrödinger, Pogliani porta il timbro del programma verso uno stato onirico, sottolineato anche dalla breve apparizione di Childs e affidato al sofisticato moto dei danzatori, duplicato nelle videoproiezioni ricche di scie di Michele Innocente.
Un’ambientazione crepuscolare, misteriosa, con in scena un Pogliani mefistofelico, guida dei trasformisti Agnese Trippa, Nicolò Troiano, Mattia Romano. Un bel dittico di inquieta compattezza.
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