Europa

Linke, due anime verso l’Europa

Linke, due anime verso l’EuropaIl capogruppo della Linke al Bundestag Gregor Gysi

Elezioni Ue Dibattito nel partito in vista del voto a Strasburgo, e un congresso ad hoc

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 5 gennaio 2014

«Dal trattato di Maastricht, l’Unione europea è diventato un potere neoliberale, militarista e in larga misura antidemocratico, che a partire dal 2008 ha contribuito a causare una delle maggiori crisi economiche degli ultimi 100 anni». Così si legge nel preambolo del programma con il quale la Linke vuole presentarsi alle elezioni europee del 25 maggio. Un programma che non è ancora definitivo, e che probabilmente verrà modificato nel corso del congresso convocato ad hoc per la sua approvazione a metà febbraio.

A volere cambiamenti è nientemeno che la figura più influente del partito, il veterano e carismatico capogruppo alla Camera bassa (Bundestag) Gregor Gysi. Nel mirino c’è, fra l’altro, proprio quella frase del preambolo in cui il giudizio sulla Ue appare a Gysi eccessivamente tranchant: «Si tratta di un passaggio non molto riuscito», ha dichiarato venerdì a un’agenzia di stampa. Parole riprese ieri dal quotidiano Neues Deutschland, organo della Linke, sulle cui colonne trova spazio il vivace dibattito interno alla formazione nata dalla fusione fra i postcomunisti della Germania est e i socialdemocratici di sinistra dell’Ovest.

L’Europa aveva già animato il confronto fra le diverse anime del partito lo scorso anno: ad accenderlo fu un intervento di Oskar Lafontaine, l’altro «padre nobile» del gruppo, nel quale si apriva all’ipotesi della fine dell’euro e del ritorno alle divise nazionali. Ne nacque una discussione molto ampia, che si concluse con il prevalere delle tesi favorevoli al mantenimento della moneta unica, ma a condizione di una radicale revisione dell’intera architettura dell’Ue. Un compromesso accettato da tutti, con il quale la Linke si è presentata di fronte agli elettori tedeschi alle politiche dello scorso settembre, in cui ha raccolto un significativo 8,6%.

Ora, a pochi mesi dal voto per il parlamento di Strasburgo, si riaffacciano le differenze fra le tendenze «lafontainiane» e quelle dei «pragmatici» come Gysi. Il quale vede il rischio di assumere posizioni non in linea con l’ispirazione che deve guidare una formazione come la Linke: «Per noi internazionalisti di sinistra non ci può essere nessun ritorno allo stato nazionale. Noi dobbiamo essere sostenitori dell’integrazione europea», ha affermato Gysi. Secondo il quale sono poco convincenti anche le proposte in materia di politica di sicurezza, che prevedono l’uscita della Germania dalle strutture militari della Nato: «È un punto di vista troppo nazionale, che significa che può anche starci bene che la Nato esista, basta che noi ne siamo fuori». Per Gysi, invece, occorre ripensare complessivamente il sistema di sicurezza europeo.

I distinguo del capogruppo al Bundestag non sono una stroncatura su tutta la linea, dal momento che egli stesso ha riconosciuto che complessivamente il programma «per l’Europa sociale, democratica e di pace» è condivisibile.

Fra i punti principali: un reddito minimo garantito pari al 60% del reddito medio in ciascun paese; una livello minimo comune di tassazione dei profitti d’impresa; concessione di crediti dalla Bce direttamente agli Stati; i pacchetti di aiuti vincolati a memorandum sociali (il contrario delle «riforme» richieste ora); l’umanizzazione della politica verso i migranti con l’abolizione dell’agenzia Frontex.

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