Linguaggi epici e estetiche moderniste
Note sparse Nuovo album - il terzo - per la band dal titolo "Starcatcher"
Note sparse Nuovo album - il terzo - per la band dal titolo "Starcatcher"
Si dice che la produzione artistica stia per orientarsi verso una nuova estetica modernista, pronta a rimpiazzare quella retromania codificata da Simon Reynolds come ossessione per il nostro stesso passato. Se anche per la popular music il manierismo rappresenta la fase conclusiva della classicità, i Greta van Fleet (assieme ai nostri Måneskin) sono gli ultimi baluardi di un rock che ha già da tempo abbandonato le pagine di cronaca per fissarsi su quelle di storia. Giunta al terzo album, la band dei fratelli Kiszka è ancora lì arroccata in difesa della propria comfort zone. Ogni riff, ogni cliché ritmico, melodico e armonico di Starcatcher va a puntellare la cinta muraria eretta nel corso di un decennio. Il linguaggio è sempre quello epico-zeppeliniano ormai radicato nelle corde vocali di Joshua Kiszka. Ma se ne colgono i segni anche nelle linee di chitarra elettrica e nelle fioriture acustiche in prima posizione; nei break di batteria à la Bonham; nelle cadenze armoniche di radice modale e finanche nei testi, che sembrano comporsi di frammenti smarriti da Houses Of The Holy. Quello cantato dai Greta van Fleet è l’autunno del rock. Dal loro bastione, il futuro è ancora distante.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento