La crociata dei bambini è una storia che si tramanda da generazioni e che, nella sua folcloristica ambientazione medioevale, rende la narrazione ancora più evocativa. Poco importa se sia successa davvero oppure no. L’immagine di questi bambini che scappano da una vita durissima e dolorosa in cerca di una libertà salvifica ed effimera in terra santa è struggente.

NON A CASO Kurt Vonnegut aveva titolato uno dei suoi libri più celebri Mattatoio n° 5 o La crociata dei Bambini. D’altronde era così che si era sentito lui partendo per un paese lontano: uno dei tanti ragazzi strappati dalla loro vita normale e vestiti come soldati nella Seconda Guerra Mondiale, il cui unico scopo era non farsi ammazzare per tornare a casa, anche se in tanti non ce l’hanno fatta. Ma, purtroppo, così va la vita e anche questo Vonnegut lo sapeva benissimo tanto da ripeterlo più volte, quasi come un mantra, proprio in quel romanzo.

I bambini vengono inghiottiti in un mondo, quello degli adulti, in cui l’innocenza non è neppure concepita ed è vista come una debolezza da sradicare, sacrificata al denaro e a tutto quello che comporta possederlo ed essere posseduti.

La crociata degli innocenti (Coconico Press, pp. 176, euro 22, traduzione di Francesca Scala) dell’autrice francese Cloé Cruchaudet, è una graphic novel intensa che racconta la storia di questi bambini che scappano dalla miseria, dalla violenza e dagli abusi, unendosi in un coro stonato di urla speranzose. Camminano uniti verso quel piccolo barlume di speranza che ancora li tiene in vita e tiene in vita la loro personalissima e utopica idea di umanità. Sono guidati da una menzogna, una falsa apparizione di Gesù che è usata come pretesto, e vagano di luogo in luogo raccontando la loro storia per guadagnarsi i soldi necessari per andare avanti e soprattutto per mangiare.

E questa storia viene ingigantita di giorno in giorno e aumenta proprio come il numero di bambini che si unisce a questo gruppo. Un cammino difficile dove si sgretola tutto, un passo alla volta, fino al finale crudele, beffardo e triste che spegne per sempre la fiammella della speranza, anche se l’autrice riesce a regalare un pezzetto di vita a cui ancorarsi per non affondare del tutto nelle sabbie mobili dell’ingiustizia.

I DISEGNI sono essenziali e belli, a volte quasi simili a quelli delle illustrazioni per i più piccoli e riescono a essere ancora più dolorose e crudeli anche (e soprattutto) per questa ragione. Il fumetto è suddiviso in stagioni e si apre con l’inverno terminando con la stessa stagione, il tempo scorre e torna metaforicamente dove era iniziato. Non c’è tanto spazio per la felicità anche se un piccolo raggio di un sole tenue riesce a venir fuori e a rendere il finale meno spietato. Sono passati secoli eppure questa storia rimane paradossalmente attuale e non è tutto poi così diverso da allora. Viviamo ancora in un mondo dove i bambini muoiono in mare per colpa degli adulti.

LA FAME, la miseria, la speranza. Non l’hanno trovata. Non hanno trovato nulla, morti sepolti dalle onde salate del mare. Senza nessuna umanità, senza nessuna logica ragione tutto questo succede ancora. Proprio come i bambini di quella crociata raccontata da Chloé Cruchaudet. Stessa età, stessa sofferenze e stesso luogo dove morire.