Lindstrøm: «La mia space disco, quasi come un film senza parole»
Incontri Il dj, produttore e musicista norvegese torna con un nuovo lavoro «Everyone Else is a Stranger»
Incontri Il dj, produttore e musicista norvegese torna con un nuovo lavoro «Everyone Else is a Stranger»
Dj, produttore e musicista – un vero e proprio mago del dancefloor da oltre un ventennio, Lindstrøm ritorna con il suo sesto album in studio Everyone Else is a Stranger, il primo lavoro dopo On a Clear Day I Can See You Forever pubblicato nel 2019. Ad ispirare il musicista norvegese – da sempre appassionato della settima arte – è stata la visione (ripetuta) di una pellicola di John Cassavetes, Love streams. Quattro lunghi brani compongono questa immaginaria colonna sonora che si muove tra affascinanti sonorità elettroniche, retaggi space disco. Più movimentato rispetto al suo precedessore, l’album ha – come ci ha spesso abituato Lindstrøm – sonorità fuori dal cliché del genere. Qui infatti troviamo addirittura strumenti come un violoncello e un violino cinese accostati ai Solina String Ensemble, che nella realtà è un vecchio ma «efficacissimo» sintetizzatore che ha utilizzato praticamente su ogni traccia dal suo debutto.
Spesso le sue produzioni sembrano nascere come colonne sonore per il grande schermo. Questo suo sesto lavoro lo ribadisce chiaramente, visto che si ispira a un classico di John Cassavetes come «Love streams».
Sì, ha ragione: nella mia musica ci sono spesso affinità diciamo così…cinematiche. Anche se io preferisco dire che attraverso le mie composizioni racconto delle storie, seppure senza parole e testi. Preferisco lavorare su brani strumentali, l’aggiunta di testi e parti vocali – e ci ho provato in più occasioni ma senza esiti soddisfacenti – non funzionano sul mio stile.
A ispirare l’album la visione di «Love streams» di John Cassavetes
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Steve Reich, l’artista sempre in gioco
Dopo aver pubblicato musica per quasi venticinque anni, devo ancora trovare una ricetta perfetta per creare una nuova canzone. Sarebbe molto comodo però (ride, ndr). Recentemente ho realizzato molte idee musicali e schizzi sul mio sintetizzatore modulare. Poi, dopo un anno o due, li ascolto di nuovo per decidere se c’è il potenziale per essere inclusi in un album futuro. Una traccia su dieci potrebbe ancora sembrare interessante dopo che sono trascorsi alcuni anni. La fase finale della realizzazione di un brano è spesso quella in cui trascorro la maggior parte del tempo. Preferisco elaborare le mie registrazioni attraverso tutti i tipi di apparecchiature analogiche del mio studio, come echi a nastro e riverberi a molla. Richiede tempo ma ne vale la pena, perché dà vita alle registrazioni!
La sua space disco rimanda a echi musicali degli anni settanta che passano da Moroder – i suoi album da solista e le suite elettroniche nei doppi album con Donna Summer vanno recuperati – e arriva a Cerrone. Cosa la affascina di quelle produzioni?
Ho un debole per la musica con complessità negli accordi e negli arrangiamenti, in combinazione con un ritmo disco relativamente semplice. Mi piace anche il contrario, ritmi complessi con melodie semplici. C’è una giocosità in molti album di Giorgio Moroder e Cerrone, così come in molti altri disco-album della fine degli anni ’70 da cui ho preso nel tempo molta ispirazione. Ascoltandoli, percepisco il divertimento dei musicisti nello sperimentare in sala di registrazione: tutto questo lo porto nel mio mondo musicale. Questo è esattamente il modo in cui mi piace usare il mio studio, cercando costantemente di renderlo il mio parco giochi privato per esperimenti musicali. È fondamentale, per sopravvivere nel mondo della musica, divertirmi al lavoro!
Lei è cresciuto, artisticamente parlando, ascoltando anche la musica di Philip Glass e Steve Reich. Quanto importante è stata ed è ancora la loro influenza e il minimalismo sonoro nelle tue composizioni e produzioni?
Soprattutto la musica di Steve Reich è stata per me fonte di ispirazione per molti anni, anche se potrebbe non essere troppo evidente in questo nuovo album. Qui mi sono ritrovato a togliere e aggiungere strumenti in tutte le nuove tracce, anche si mi ripetevo costantemente di mantenerlo semplice. Qualche volta ci sono riuscito… (ride, ndr). C’è un bellissimo disco – pubblicato qualche anno fa – da Erik Hall in cui ha registrato in multitraccia Music for 18 musicians di Reich da solo nel suo studio con tutti i tipi di strumenti diversi. Questo è il tipo di produzione che mi entusiasma!
Non solo dance, nei suoi lavori spesso combina stili e suoni diversi con l’aiuto del Solina String Ensemble.
Il Solina String Ensemble è.. una «mia creatura», un fantastico sintetizzatore di archi degli anni ’70 che uso in tutti i miei album da quasi 20 anni. Non posso farne a meno.
Nel nuovo album non solo elettronica, ha anche suonato un violino…
È vero: nel nuovo album suono sia un violoncello che un violino scadenti, ma devo ammettere di non essere un grande performer… Non riesco davvero a suonare nessuno strumento a corda tranne un po’ di chitarra, ma è stato molto divertente cercare di imparare e incorporare il violino e il violoncello nelle tracce del mio album, anche se non è perfetto al cento per cento.
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