L’indeciso Illy blocca il Pd
Friuli Venezia Giulia Le regionali si terranno dopo le politiche, Serracchiani ha rinunciato a tentare la conferma e l'ex governatore non ha deciso se correre alle politiche con il Pd o tentare il gran ritorno nel palazzo dei Lloyd. Nel caso l'attuale candidato dem vorrebbe che si sottoponesse alle primarie
Friuli Venezia Giulia Le regionali si terranno dopo le politiche, Serracchiani ha rinunciato a tentare la conferma e l'ex governatore non ha deciso se correre alle politiche con il Pd o tentare il gran ritorno nel palazzo dei Lloyd. Nel caso l'attuale candidato dem vorrebbe che si sottoponesse alle primarie
Torna il vento di bora nelle urne. Insieme all’eterno jolly nel mazzo. Con il centrodestra pronto a riprendersi anche palazzo dei Lloyd nel «secondo turno»: le regionali di fine aprile.
Il Pd friulano è in ginocchio: nel 2016 ha perso tutti i municipi che contano, da Trieste a Monfalcone. La governatrice Debora Serracchiani ha già alzato bandiera bianca, puntando su Roma. Avrà un seggio blindato assieme a Ettore Rosato (capogruppo a Montecitorio) e Franco Iacop, presidente del consiglio regionale.
Ma ogni candidatura dem resta in bilico, finché Riccardo Illy non si deciderà a leggere i suoi fondi di caffè. Rosato, è convinto di farcela: «Mi auguro che in Friuli gli eletti siano quattro. È emersa con forza la candidatura di Debora Serracchiani, che ha dato un contributo straordinario alla regione. E quella del presidente del consiglio regionale Franco Iacop, espressa da Udine. Conto che in lista proporzionale ci sia anche Illy. Ne discuteremo con lui, fermo restando che Illy vincerebbe il suo collegio» spiega in un’intervista al Piccolo.
Di famiglia valdese, 62 anni, per un decennio sindaco di Trieste, vicepresidente dell’industria del caffè, con una poltrona da 61.647 euro nel CdA della multiutility Hera fino all’anno scorso, Illy potrebbe quindi rientrare in parlamento. Senza scompaginare le carte delle regionali all’insegna del «civismo» sussidiario. Del resto Sergio Bolzonello da Pordenone alza un muro preventivo: vice di Serracchiani, è il candidato presidente designato dal Pd. «Illy dovrà competere come chiunque altro alle primarie di coalizione se vorrà guidare il centrosinistra alle Regionali» scandisce, anche a beneficio delle ambizioni di Furio Honsell, sindaco di Udine a fine mandato.
Nel frattempo, esplode una dura polemica all’interno di Liberi e Uguali. La scelta di puntare su Carlo Pegorer (fra i fondatori del Pdup, segretario regionale della Quercia e senatore eletto nelle ultime tre legislature) come capolista del listino proporzionale della camera penalizza la componente ex Sel. Di fatto, il seggio blindato nell’intero Friuli va ai bersaniani. La miccia delle reazioni inviperite è accesa da Serena Pellegrino, deputata uscente assegnata al senato e al collegio di Codroipo: «Amiche e amici, compagne e compagni, nelle “segrete segreterie”, come dissi durante la mia dichiarazione in aula contro la mancata possibilità di scelta dei candidati da parte dei cittadini, il candidato che ha avuto la meglio, durante il lungo dibattito, come capolista alla camera non sono io. Mi dispiace per tutti quelli che si sono battuti e hanno creduto fosse possibile».
In teoria, manca sempre la ratifica di Roma. Tuttavia il puzzle delle candidature è stato definito: l’ultimo segretario Ds Fabio Omero a Trieste; Chiara Casasola di Possibile a Udine; Velia Cassan, ex segretaria Pd, a Pordenone; Paolo Vizintin, ex sindaco di Doberdò, a Gorizia. Per il senato c’è Federico Cazorzi, professore universitario di Udine. E nel listino, dopo la capolista Pellegrino, i nomi di Francesco Foti, Tiziana Vuotto e dell’ex consigliere regionale Alessandro Metz.
Una curiosità. All’assemblea LeU di Cervignano è arrivata anche l’adesione di Lorenzo Battista, senatore ex M5S che farà campagna elettorale per Grasso da semplice cittadino.
Esodo ben diverso per il deputato grillino Walter Rizzetto, che nel 2015 era diventato capogruppo di Alternativa Libera, salvo poi rientrare nel misto e aderire a Fratelli d’Italia. Sarà ricandidato da Giorgia Meloni che in Friuli conta di capitalizzare i consensi nazionalisti alimentati dall’anniversario della Grande Guerra.
Si cimenta alle politiche, in vista delle regionali, soprattutto il «Patto per l’autonomia» che dal referendum costituzionale catalizza i sindaci di Patrie Friulane. Così rispunta Sergio Cecotti, 61 anni, in gioventù recordman juniores negli 800 di atletica, professore di fisica alla Scuola internazionale superiore di studi avanzati. Aveva esordito nella Lega di Bossi, ma nel 1995 guidò la giunta regionale sostenuta dal centrosinistra. Sindaco di Udine a furor di popolo, nel 2003 si dimette in polemica con il centrodestra e ottiene la conferma al primo turno. Cecotti ha il profilo perfetto per interpretare la «rivolta» del Friûl che diffida di tutti, in nome di un futuro ancora più speciale.
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