Si è tenuto a Urbino, il 12 e 13 settembre, il XXI seminario internazionale di «Hermeneutica», la rivista di filosofia e teologia fondata nel 1979 dal teologo italiano Italo Mancini. Filosofi, teologi ed economisti si sono confrontati sul tema «Fede/fiducia», dibattendo le relazioni di Massimo Cacciari, Eugenio Mazzarella, Stefano Zamagni e Klaus Müller. Le sessioni dei lavori sono state moderate e condotte da Piergiorgio Grassi e Marco Cangiotti, entrambi docenti dell’Università di Urbino nonché condirettori della rivista «Hermeneutica».
Il tema dell’incontro è nato da una constatazione e da una provocazione. Si osserva da diverse parti che la crisi attuale investe tutte le realtà organizzate, oltre che le persone singole. I sociologi parlano di una debolezza della fede che sembra mettere in luce le difficoltà del messaggio cristiano di porsi non solo come principio capace di fondare l’identità individuale e collettiva, ma anche di generare fiducia e rinnovati impegni dei credenti.
Analoghe osservazioni vengono condotte da analisti sociali e da filosofi che non si riconoscono nella prospettiva cristiana e che, tuttavia, constatano l’indebolirsi dei legami sociali a fronte dell’affermarsi di forme di scetticismo verso la possibilità di costruire un futuro diverso, quasi che l’invito di Nietzsche ad esercitare l’arte del sospetto e della diffidenza sia divenuta una professione condivisa da molti, e non solo dagli intellettuali. Da queste osservazioni sorgono le domande se si possa vivere senza fede e senza fiducia in qualche persona, se entrambe queste dimensioni non rappresentino un costitutivo del nostro essere al mondo, alla base di ogni intesa e di ogni cooperazione.
Domande che toccano da vicino gli interessi dei filosofi e dei teologi, ma che esigono anche l’elaborazione di contromovimenti culturali capaci di investire gli ambiti della politica e dell’economia.
Fra le relazioni che hanno aperto il dibattito, quella di Massimo Cacciari, che partendo da un’analisi filologico-filosofica della «famiglia» dei termini indicanti la «fides», per poi giungere a vederne ancora la pregnanza nella filosofia moderna, ha terminato interrogandosi su una questione dirimente: in cosa consiste la differenza essenziale e insuperabile tra il credere, per così dire, «doxastico» (legato all’opinione generale), e l’atto di fede cristiano?
L’economista Stefano Zamagni, da parte sua, si è concentrato sul rapporto che lega la «fiducia», la «reciprocità» e il «mercato», tentando di recuperare quell’umanità della persona che, a differenza del mero intelletto calcolante, è l’unica a poter produrre un pensiero pensante. In questo risiede per Zamagni la sfida a cui è chiamata un’economia civile e attenta alla dimensione sociale. Il teologo Klaus Müller, decano dell’Università di Münster, ha discusso una relazione che, appunto in un’ottica interdisciplinare, ha inteso ricostruire l’annosa e mai risolta questione del rapporto tra fede e ragione.
«Abbiamo chiamato relatori competenti e autorevoli – afferma Piergiorgio Grassi, direttore dell’Istituto di scienze religiose «Italo Mancini» e Direttore della rivista «Hermeneutica» – con lo scopo di affrontare una tematica centrale, per l’essere umano di ogni tempo e soprattutto per la nostra epoca, un’epoca in cui abbiamo un bisogno reale di recuperare il dialogo dell’individuo con la sua dimensione più essenziale e fragile allo stesso tempo: quella dell’interiorità, dove fede e ragione possono dialogare».
L’incontro di Urbino con Klaus Müller
Meeting. Due giorni di discussioni promossi dalla rivista "Hermeneutica"

Una foto del teologo Klaus Müller
Meeting. Due giorni di discussioni promossi dalla rivista "Hermeneutica"
Pubblicato 9 anni faEdizione del 16 settembre 2014
Pubblicato 9 anni faEdizione del 16 settembre 2014