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L’incarico a Gantz ma Bibi è il premier dell’emergenza coronavirus

L’incarico a Gantz ma Bibi è il premier dell’emergenza coronavirusBenny Gantz

Israele/Territori palestinesi Il leader di Blu Bianco difficilmente riuscirà a formare un governo. Il capo dello stato Rivlin vuole un esecutivo di unità nazionale ma a Netanyahu conviene andare a nuove elezioni continuando a guidare il paese durante l'emergenza Covid-19

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 17 marzo 2020
Michele GiorgioGERUSALEMME

Ieri si è ufficialmente aperta la 23esima legislatura della Knesset e il presidente Reuven Rivlin ha affidato l’incarico di formare il nuovo governo israeliano al leader della lista centrista Blu Bianco, Benny Gantz. Sebbene al voto del 2 marzo sia giunto alle spalle del Likud, il partito del premier Netanyahu, Gantz ha l’appoggio di 61 deputati (su 120) del centro sinistra, della Lista araba e del partito del nazionalista xenofobo Avigdor Lieberman. Quindi sulla carta il rivale di Netanyahu ha i numeri per dare vita a un governo di minoranza con l’appoggio esterno dei partiti arabi. Tuttavia la distanza ideologica tra Lieberman e la Lista araba rende questa soluzione improbabile. Rivlin vuole un esecutivo forte composto dai due partiti maggiori che affronti l’emergenza coronavirus ma Netanyahu esclude categoricamente che ne possano far parte anche i partiti arabo israeliani. In ogni caso anche questa soluzione è lontana. Ad infiammare ulteriormente lo scontro tra Gantz e Netanyahu è stato l’annuncio del rinvio a fine maggio della prima udienza del processo per corruzione a carico del primo ministro prevista per oggi.

A Netanyahu conviene continuare a guidare un governo ad interim e puntare a nuove elezioni, portando avanti da premier le misure contro il coronavirus. Anche in Israele cresce la paura del contagio di pari passo con l’aggiornamento quotidiano della sua diffusione – ieri il dato ufficiale era di 277 casi positivi e di decine di migliaia di persone in quarantena –, e a gran parte dell’opinione pubblica nelle prossime settimane non interesseranno il quadro politico e le vicende giudiziarie di Netanyahu. Su questo punta il leader della destra. In queste ore per la popolazione conta sapere se ci sono sufficienti respiratori (Israele ne comprerà altri mille) e letti per le terapie intensive e se il sistema sanitario reggerà l’urto dell’ondata di contagi che il ministero della salute si attende nei prossimi giorni. Ieri sera Netanyahu ha annunciato nuove forti restrizioni, in aggiunta a quelle comunicate sabato. Saranno ridotti i trasporti pubblici e fermate molteplici attività economiche. Saranno inoltre operative le attività cyber “antiterrorismo” – ossia quelle usate dai servizi segreti per sorvegliare ogni aspetto della vita dei palestinesi – per seguire i movimenti delle persone che potrebbero essere state contagiate. Non ci sarà una chiusura totale, come in Italia, ma Kiryat Ye’arim, una piccola comunità di ebrei religiosi, dove si sono registrati in un giorno otto casi positivi, probabilmente sarà il primo centro israeliano ad essere isolato e dichiarato zona rossa.

Invece Tulkarem, nella Cisgiordania occupata, potrebbe essere dopo Betlemme la seconda città palestinese isolata per decisione dell’Anp (e di Israele). Il Ministero della salute palestinese ha ieri confermato all’Oms un totale di 39 casi positivi in Cisgiordania (37 a Betlemme e due a Tulkarem), di cui solo alcuni sono considerati gravi. Nessun contagio è stato segnalato a Gaza ma si attendono i risultati dei tamponi effettuati su un numero imprecisato delle 100 persone in quarantena al confine con Rafah o nelle scuole designate come strutture di isolamento. L’Oms sta varando un piano da 6,5 milioni di dollari in aiuto alla sanità palestinese.

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