L’incanto sospeso dell’Elektra di Strauss nel segno indelebile di Kirill Petrenko
Opera Tra la fine di marzo e lo scorso 7 di aprile, prima sul palcoscenico del festival di Baden Baden con la regia di Philipp Stolz e poi con due concerti alla Filarmonica di Berlino, il maestro ha aggiunto la sua lettura
Opera Tra la fine di marzo e lo scorso 7 di aprile, prima sul palcoscenico del festival di Baden Baden con la regia di Philipp Stolz e poi con due concerti alla Filarmonica di Berlino, il maestro ha aggiunto la sua lettura
Nel novero dei recenti direttori musicali dei Filarmonici di Berlino due hanno segnato in modo opposto ma ugualmente profondo la storia interpretativa di Elektra di Richard Strauss: Herbert von Karajan e Claudio Abbado. Tra la fine di marzo e lo scorso 7 di aprile, prima sul palcoscenico del festival di Baden Baden con la regia di Philipp Stolz e poi con due concerti alla Filarmonica di Berlino, Kirill Petrenko ha aggiunto la sua lettura. Un’impostazione che come altre volte è costruita da parte del direttore russo-austriaco su tempi rapidi, con un dominio costante della materia sonora, così spesso aspra e pesante, trattata con fluidità e aderenza alla scansione del dramma stupefacenti. Il 4 aprile nella prima serata concertante a Berlino Petrenko ha fuso capacità analitica e energia per restituire all’opera un’intensità teatrale che dischiudeva numerose sorprese.
LE FRASI di struggente, delicato languore nel confronto fra Elettra e Oreste e nelle due scene fra le due sorelle, quasi che la patina dorata della Vienna di un tempo fiorisse d’improvviso sul bronzo di Micene. Il serpeggiante disegno dei fiati. musica di elfi, quasi seguendo alla lettera i celebri quanto parossistici consigli direttoriali di Strauss – e gli scatti ferini nello scontro fra madre e figlia; e ancora la mobilità rapida dei piani sonori della scena iniziale, con il dialogo fitto e la personalità delle cinque ancelle e della soprintendente incisi con la medesima, febbrile urgenza poi nella loro angoscia, quando irrompono sulla scena dopo l’assassinio di Clitennestra. Esaltante il contrasto con la monolitica presenza di Elettra, sola durante il suo monologo d’ingresso e nel finale di violenza panica, in cui la forza sonica dell’orchestra si percepiva sul corpo, al di là del puro ascolto.
PRIVATA per un’indisposizione della protagonista Nina Stemme, la serata del 4 aprile ha trovato una sostituta valida per quanto molto diversa in Ricarda Merbeth, che di Elektra ha sostenuto di recente molte recite alla vicina Opera di Stato berlinese. Fraseggio tagliente e nervoso, Merbeth domina la parte anche senza vantare una voce di tonnellaggio importante nei centri, grazie anche agli acuti sempre sicuri, pazienza per l’abitudine a attaccarli quasi sempre piano e poi rinforzarli, che alla lunga pare un manierismo artificiale. La sua interpretazione collimava con quella della Crisotemide luminosa di Elza Van den Heever, lirica e fresca. Michaela Schuster annette alla propria lettura sguardi, movenze e parlati: grazie all’esperienza e alla formidabile presenza di attrice realizza un ritratto ancora pienamente efficace di Clitennestra, parte che sostiene da molti anni. Cupo, centrato nella granitica emissione vocale come nella presenza sul palco Johan Reuter, Oreste, mentre Wolfgang Ablinger- Sprerrhacke offriva un timbro pieno e perfino accattivante all’intervento di Egisto. Festeggiatissimi soprattuto le tre signore e il direttore d’orchestra da una sala piena fino all’inverosimile.
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